Hey, Siri, Google, Alexa! Riuscite almeno a rispondere al telefono?

19 Maggio 2019
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Per gli assistenti vocali Google, Alexa, Siri e Cortana, è la resa dei conti. Fino a oggi hanno deluso. Che succede domani? Ce lo dicono le conferenze in cui i big tech se la raccontano

La storia degli assistenti vocali, iniziata con Siri di Apple, ha da subito portato avanti una narrazione intrisa di parole come rivoluzione, facilità, efficienza, risparmio.  Promettevano di offrire modi completamente nuovi e significativamente più intuitivi di interagire con i nostri dispositivi.

Ma la trappola è scattata sulla usability. Gli assistenti vocali e i loro dispositivi di supporto finora si sono dimostrati pochissimo user friendly e alla fine, dopo mille prove frustranti, molte persone hanno rinunciato, si sono chiuse in loro stesse e hanno spento gli altoparlanti.

Fortunatamente, però, ora stiamo iniziando a vedere alcuni significativi progressi. Soprattutto negli assistenti vocali connessi agli smartphone. I recenti sviluppi da Microsoft presentati alla conferenza Build di New Orleans e I / O di Google presentati a San Francisco, sembrano evidenziare tutti gli importanti progressi compiuti.

Queste conferenze di maggio sono destinate agli sviluppatori di software per conoscere nuovi progressi nelle piattaforme tecnologiche della società ospitante, fungono anche da guida per i consumatori finali, interessati a capire lo sviluppo di questa tecnologia .

Ciò che è diventato chiaro sia a chi era a Build che a I / O è che gli assistenti digitali stanno finalmente diventando intelligenti. Fino al punto da interpretare ciò che intendiamo veramente quando parliamo con loro.

Alexander Hunter di Google ha presentato una dimostrazione dei progressi di Nest Hub Max, l’area prodotti domotica di Google alla conferenza Google I / O a Mountain View. Ne è uscito che il cervello umano è un motore di calcolo notevolmente flessibile che riconosce immediatamente il contesto di una conversazione e può interpretare, ad esempio, il contesto dato da più commenti apparentemente slegati tra loro.

I dispositivi informatici ovviamente non possono ancora farlo facilmente, ma possono tradurre accuratamente ogni singola parola che diciamo.

Nell’ansia del tutto e subito quando abbiamo iniziato a parlare con le macchine, abbiamo subito pensato che potevano facilmente comprendere il contesto di qualcosa del tipo «Quali sono le mie opzioni per prenotare un volo per Palermo il prossimo venerdì?». Sfortunatamente, non potevano sintetizzare, capire e processare tutti gli elementi della frase assieme.

Adesso invece stiamo iniziando a vedere assistenti vocali che possono decifrare correttamente una frase come questa e, in autonomia rispondere perlomeno con un’azione di ricerca voli sulle compagnie aeree preferite, leggerli a voce alta e persino prenotare a nostro nome.

Per ora l’assistente vocale può funzionare meglio sulla base della ricezione di un messaggio di posta elettronica o di un testo di chat che richiede ad esempio, di volare a Chicago. Sulla voce ovviamente c’è ancora molto lavoro da fare.

Le conversazioni estese, multi-giro e multi-contesto sono elaborate da un gran numero di algoritmi e software basati sull’intelligenza artificiale che hanno “imparato” che cosa significano le parole che diciamo, quali sono le nostre preferenze, le nostre abitudini. E, soprattutto, quali azioni di base devono scattare da parte della macchina per il risultato atteso.

Secondo Microsoft, questo lavoro di intelligenza artificiale interattiva nei prossimi mesi girerà dentro i dispositivi dei dirigenti dell’azienda. Ma anche in quelli dei manager di altre aziende che aspirano a estendere e integrare l’AI conversazionale (intelligenza artificiale della conversazione) nei propri dispositivi.

A Build, per esempio, Microsoft ha discusso una partnership con BMW, dove l’ultima berlina X7 avrà questa tecnologia incorporata, ma sarà interamente branded BMW. Perché a questo punto partiranno le esclusive…

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