Quali sono i paesi in cui resiste lo smart working (e perché trasferirsi)

28 Maggio 2022
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Buone notizie per i millennial amanti dello smart working, in molti paesi del mondo sembra proprio che sia intenzionato a restare, permettendo ai lavoratori di lavorare da ovunque e per obiettivi, senza l’obbligo di dover restare incollati alla scrivania. 

Certo, bisogna sempre fare attenzione agli equilibri, il rischio di sentirsi soli o in burnout è sempre dietro l’angolo, ma una volta capito come gestire il flusso di lavoro bisogna ammettere che i vantaggi sono innegabili: si può tornare a viaggiare e immergersi in nuove esperienze (come il coliving, ad esempio).

Quali sono i Paesi che hanno adottato lo smart working come nuovo stile di vita? Ce ne sono un po’, con altrettante ragioni per andare a visitarli, o addirittura per pensare di trasferirvici. 

Il fenomeno in numeri 

Come riporta la BBC, un recente studio condotto dal sito per l’impiego Indeed ha notato come il numero di annunci di lavoro che menzionano lo smart working sia triplicato dall’inizio della pandemia. Se a gennaio 2020 la media era di appena il 2,5%, a settembre 2021 si è arrivati al 7,5%, con Paesi come Irlanda, Spagna e Regno Unito che dominano la classifica. Il sito di lavoro Ladders prevede invece che entro la fine del 2022, il 25% dei lavori da ufficio nel Nord America resterà in modalità remota.

Nel frattempo, dalla fine delle restrizioni a oggi, molti dipendenti sono stati richiamati in ufficio, adottando la pratica del “lavoro ibrido”: secondo il Work Trend Index 2022 pubblicato da Microsoft, il 38% dei dipendenti si divide con flessibilità tra casa e sede principale. Il mondo del lavoro si sta evolvendo rapidamente, anche datori di lavoro e i manager gestiscono i compiti da remoto o in modalità ibrida.

Chi adotta e chi lascia 

Negli ultimi anni fare smart working è diventata una pratica così comune che in pochi ricordano che nel 2010 il fenomeno era piuttosto raro, al di fuori della Scandinavia e di altri paesi dell’Europa occidentale. Oggi le cose sono diverse, con Paesi che adottano il lavoro da remoto con entusiasmo (la maggioranza) e altri che ancora lo guardano con diffidenza (poche eccezioni).

La Francia, in questo senso, è un “Paese anomalo”. Secondo uno studio condotto dal think tank Fondation Jean-Jaurès, solo il 29% degli impiegati afferma di lavorare a distanza “almeno una volta alla settimana”, e lo fa anche molto meno volentieri rispetto ai vicini europei: il 51% dei tedeschi, il 50% degli italiani, il 42% degli inglesi e il 36% degli spagnoli lavora (e preferisce farlo) da casa. Il Giappone è un altro Paese in cui la struttura lavorativa altamente sociale ha impedito allo smart working di attecchire. Lo studio di Indeed non ha registrato un significativo aumento dei lavori a distanza tra gennaio 2020 e settembre 2021. Dove trasferirsi, quindi? 

Gli Stati Uniti e il Regno Unito sembrano essere un buon punto di approdo, le due nazioni sono intenzionate a mantenere la pratica, incoraggiando i dipendenti a godere di una maggiore autonomia e libertà.
Anche il lavoro in modalità ibrida sembra aver trovato terreno fertile, le aziende si stanno concentrando su i pro e i contro, trasformando gli ambienti e gli uffici in luoghi più accoglienti e più a misura di persona. 

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