Cosa ci fa un campo da tennis sulla barriera corallina?

24 Maggio 2022
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“L’inquinamento della plastica è un problema. L’innovazione è la nostra soluzione”. Recita così la scritta sull’enorme campo da tennis che galleggia sopra la barriera corallina. L’iniziativa è stata lanciata dall’organizzazione ambientalista Parley for the Oceans, in collaborazione con il brand sportivo Adidas: “Attraverso questa partnership vogliamo ispirare e mobilitare un’intera generazione per contribuire a dare forma al futuro del nostro pianeta. Stiamo fornendo agli atleti tutto il necessario per fare la differenza, vogliamo creare un vero cambiamento. Porre fine ai rifiuti di plastica è una lotta che non possiamo perdere”, ha scritto l’azienda sul proprio sito. 

Il campo da tennis galleggiante accompagna il lancio della linea d’abbigliamento Adidas x Parley for the Oceans, realizzata proprio con materiali di scarto recuperati dagli oceani: “Grazie alla nostra collaborazione intercettiamo i rifiuti di plastica sulle spiagge e sulla costa, prima che raggiungano l’oceano, – spiega ancora il brand – diamo loro una nuova vita e li trasformiamo in scarpe”. 

Il problema della plastica 

Il luogo scelto per posizionare il campo da tennis non è causale. Come scrive Earthly Matter, The Great Barrier Reef (la Grande Barriera Corallina) è il più importante sistema di barriera corallina al mondo, l’aumento delle temperature, la plastica e altri rifiuti stanno seriamente inquinando i mari e uccidendo la vita acquatica che sta al loro interno. 

Si stima che ogni anno circa 8 milioni di tonnellate di plastica finiscano negli oceani. A causa dei moti delle acque, nel corso del tempo si sono formati 5 grandi punti a ‘lento movimento’ che raccolgono e intrappolano i rifiuti. Questi agglomerati vengono chiamati Gyres, e quando la plastica affonda causa terribili effetti sull’ecosistema marino; quella che, al contrario, rimane in superficie viene fotodegradata dalla luce del sole, trasformandosi in piccoli pezzi che gli uccelli e i pesci scambiano per cibo e ingeriscono. Migliaia di gabbiani sono stati ritrovati morti sulla costa, con enormi quantità di plastica all’interno del loro corpo. E il fenomeno è in crescita.

Una scarpa per gli oceani 

Cyrill Gutsch è il fondatore di Parley for the Oceans, una delle persone che per prime ha posto l’accento sulla questione della plastica, iniziando a cercare le soluzioni anche all’interno del mondo della moda. “Quando ho avviato Parley nel 2012, la previsione era che entro il 2048 gli oceani sarebbero biologicamente morti, causando danni irreversibili al pianeta – ha spiegato Cyrill  sul blog di Adidas – si è scoperto che questa era una previsione troppo ottimista; in realtà abbiamo 10 anni per cambiare le cose”.

Da questa consapevolezza è nata la partnership Adidas x Parley, lanciata per la prima volta nel 2015, presso il quartier generale delle Nazioni Unite. Da allora le due realtà hanno collaborato su diversi progetti, tra cui una linea di scarpe realizzata con un filato proveniente dalla plastica degli oceani. “L’utilizzo di plastica vergine per creare le nostre calzature è diminuito drasticamente, per il 2024 contiamo di arrivare a zero”, conclude l’azienda. 

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