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Fottutamente ecologico: e quindi, la COP 26?

15 Novembre 2021
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Pensieri e parole sulla COP 26.

Cos’è la COP e come nasce? 1992 Rio De Janeiro. Si tiene il Summit per la Terra.  Per la prima volta i capi di stato si riuniscono per una conferenza mondiale sull’ambente.

Tra i paesi che in quell’anno siglarono la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC: si tratta del primo trattato internazionale ad occuparsi del riscaldamento globale) ci fu la volontà di istituire un incontro annuale globale per fare il punto della situazione su queste tematiche.

Iniziano le COP. Letteralmente “Conferenza Delle Parti”.  La prima fu nel 1995 a Berlino. L’ultima a Glasgow, 2021  Dalla conferenza di Rio sono passati quasi quarant’anni e la necessità di porsi obiettivi e definire scadenze non è mai stata cosi urgente.

Nel 2015 a Parigi si teneva la COP 21, ricordata poiché per la prima volta tutti i paesi promisero di collaborare e mobilitare fondi per mantenere il riscaldamento al di sotto dei 2 gradi, puntando a limitarlo ad 1,5 gradi (il famoso Accordo di Parigi).

Oggi, 6 anni dopo sappiamo che l’aumento medio di 1.5 gradi centigradi verrà raggiunto inevitabilmente. A questo punto gli obiettivi posti della COP 26 sono:

  1. Non superare l’aumento di 1.5 gradi centigradi e raggiungere emissioni nette zero nel 2050 (ciò non vuol dire zero emissioni, ma che le emissioni che verranno prodotte dovranno essere le stesse che vengono assorbite, per esempio con la piantumazione di alberi e la rigenerazione delle foreste).Si punta quindi ad eliminare il più presto possibile l’utilizzo del carbone come combustibile fossile; ridurre la deforestazione; velocizzare la transizione verso veicoli elettrici; incoraggiare investimenti per l’energia rinnovabile.
  2. Proteggere le comunità e gli habitat naturali. Quindi proteggere gli ecosistemi; puntare alla resilienza sia per le infrastrutture che per l’agricoltura per evitare la perdita di case e vite.

Per il raggiungimento di questi due obiettivi ci si aspetta che le nazioni più sviluppate stanzino almeno 100 miliardi di dollari per anno per le finanze climatiche, sia per i settori pubblici che privati.

Si sottolinea infine la necessità di collaborare in quanto la questione climatica è innegabilmente e definitivamente GLOBALE. Siamo tutti nella stessa barca.

Questo 2050, sembra impossibile, ma è più vicino più di quanto non lo sia il 1990. Siamo arrivati al limite, non ci sono più scuse, ognuno deve fare la propria parte. Non bisogna andare nel panico, non bisogna procrastinare.

“I piani alti” non possono delegare la soluzione del problema alle personali decisioni degli individui, ma allo stesso tempo i singoli non possono pensare che le cose si risolveranno solo se i grandi del mondo lo decidono. Non si può a squarcia gola pretendere un cambiamento se poi nella nostra vita quotidiana non riusciamo ad abbracciare nuove abitudini virtuose e più green.

È un problema comune e come comunità globale dobbiamo affrontarlo, tutti ne risentiremo e tutti possiamo fare qualcosa.

Mary Heglar, l’attivista ed esperta americana, dice a proposito: «Per quando riguarda la crisi climatica, puoi essere travolto e sopraffatto dalla complessità del problema o semplicemente innamorarti della creatività delle possibili soluzioni».

Fottutamente ecologico è @this.is.how__

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