Quanto vale un colloquio di lavoro rispetto a ciò che dicono i nostri social?
Ahi Ahi Ahi: se hai postato qualcosa di sconveniente negli ultimi cinque anni, sappi che il 51 per cento dei selezionatori di personale è stato influenzato negativamente da immagini inappropriate e commenti discriminatori
(Da Linkiesta.it). Foto, post, reel, video. Quello che pubblichiamo sui nostri profili social può influenzare la nostra carriera lavorativa. Magari facendoci perdere la possibilità di una assunzione. Lo dice una ricerca di The Adecco Group, secondo cui i recruiter sempre più spesso fanno ricorso ai social network per la ricerca dei candidati. E, intervistando un campione di 500 professionisti della selezione, è venuto fuori che il 51 per cento di loro è stato influenzato negativamente dai profili social dei potenziali candidati.
Il dato è in crescita notevole rispetto a dieci anni fa, quando i social pesavano solo per il 12 per cento dei recruiter, ma anche rispetto al 2021, quando questo dato si attestava al 30,8 per cento.
Il 37 per cento degli intervistati dichiara che la causa è stata la presenza di foto ritenute inappropriate, per il 27 per cento alcuni tratti di personalità visibili dai contenuti pubblicati e per il 17 per cento hanno contato manifestazioni esplicite discriminatorie di natura sessuale e-o razziale nelle interazioni dei candidati.
«L’utilizzo dei social media da parte dei candidati influenza sempre più le decisioni di reclutamento», spiega Lidia Molinari, People Advisor Director di Adecco Italia. «I dati ci dimostrano che il social screening è uno strumento decisivo nel processo di selezione per oltre la metà dei recruiter, che sfruttano i social media non solo per la ricerca dei talenti, ma anche per la verifica dei candidati. Per questo consigliamo a chiunque sia alla ricerca di una opportunità lavorativa, lo sviluppo di un personal branding sui social che tenga conto della selezione dei contenuti prima che essi vengano pubblicati e di porre attenzione alle modalità di interazione in rete».