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Il diario di Bridget Jones romanzo: come ci ha insegnato a scegliere l’intimo

12 Febbraio 2019
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Se vogliamo parlare di un “classico” della chick-lit, come non citare Il diario di Bridget Jones romanzo? Un’icona degli anni Novanta, la prima anti-eroina letteraria, colei a cui tutte le donne, più sui trentacinque che sui venti, hanno rivolto un nostalgico pensiero acquistando un certo tipo di intimo.

Lessi questo Il diario di Bridget Jones romanzo a tredici anni, prestato di straforo da un’amica, la cui madre era meno censoria della mia. Infatti, non ero ancora in grado di giustificare tra i miei acquisti libreschi la presenza di una tizia che fumava impunita e soddisfatta in copertina.

Il sottotitolo era anch’esso sovversivo e pericoloso, allusivo di possibili disturbi alimentari, tabagismo (di nuovo) e promiscuità: Chili, amore, sigarette, un anno appasionatemente single.

L’intestazione di ogni nuovo giorno de Il diario di Bridget Jones romanzo riportava una summa di peso, sigarette fumate, alcolici ingeriti e calorie, mentre il resoconto della giornata parlava per lo più delle disavventure di Bridget nel trovare un lavoro decente, un uomo decente e financo una pancera decente.

La sua sorte, invece, sembra cambiare proprio grazie a un paio di mutande contenitive, che, ci insegna santa Bridget, sono il massimo quando devi mettere un tubino e, sicuramente, ti imbarazzeranno quando il belloccio di turno cercherà di togliertele ma se siete arrivate fin là è difficile che si metta a fare lo schizzinoso proprio in quel momento.

Per cui, via libera alle mutande di nonna Abelarda!

Restando in tema, la svolta ha dei nomi: uno è Daniel Cleaver, editore dongiovanni incline alla menzogna; l’altro è Mark Darcy (omaggio sottile sottile sottile al protagonista maschile di Orgoglio e pregiudizio della Austen), di buone maniere, alquanto taciturno ma… con un debole per la goffaggine di Bridget e anche per la sua parlantina.

Come in ogni romanzo rosa che si rispetti, in Il diario di Bridget Jones romanzo, la protagonista è cretinamente indecisa tra l’uno e l’altro ma trova il tempo di rabbrecciare una, seppur minima, consapevolezza di se stessa e compiere una scelta. Masochismo che ogni donna conosce.

Potrei dire di essere stata in pena per le sorti erotico-sentimentali della nostra eroina ma, in realtà, a tredici anni mi intrigava di più la possibilità di disporre di una casa tutta mia, dove non mangiare il minestrone ma solo Brie su crostini di pane e patè di olive, fumando sigarette e trincando alcol fino a svenire.

Non avevo considerato che, adesso che sono coetanea di Bridget, continuo a non aver mai fumato una sigaretta in vita mia, il mio stomaco non regge due bicchieri di Primitivo, non tollera il lattosio (addio Brie) e dispongo della casa tutta per me solo quando ho la febbre e il mio compagno è a lavoro. Forse è il caso di chiuderla qui e andare a scongelare il minestrone.

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