Benvenuti nel terzo millennio. O meglio sul vocabolario del terzo millennio. E mentre ci si divide tra i puristi della lingua che rifiutano la schwa (ə), chi ancora cerca di capire come pronunciarla, e chi ne ha fatto una guerra ideologico-identitaria; dall’altra parte dello schermo c’è un fitto sottobosco digitale che conia nuove parole ed espressioni linguistiche alla stessa velocità con cui gli investors comprano, scambiano e rivendono NFT sui canali Telegram.
L’arrivo del metaverso – leggi realtà virtuale condivisa tramite internet, dove si è rappresentati in tre dimensioni attraverso il proprio avatar – ridefinisce le regole della comunicazione. Ogni società (o ogni gruppo sociale) crea e modella un linguaggio in base alle risorse che ha a disposizione e in base alle proprie esigenze. Non c’è da stupirsi quindi se dal mondo intangibile arrivano una serie di parole che ritorneranno e sentiremo nel corso dell’anno a venire.
E quando storcerete il naso, perché storcerete il naso, fate un passo indietro al 2016 quando la parola più dibattuta è stata “Petaloso”. Pronti a prendere appunti.
Un nuovo vocabolario: quali sono, e che significato hanno, le nuove parole più usate oggi
Le stesse strutture sociali che abitano il mondo digitale si chiamano Metasocieties, sono vere e proprie comunità che alimentano le connessioni, gli scambi di idee e le relazioni. Il trade degli NFT (non fungible token) non poteva che generare una élite. NFT elites è una nuova classe di VIP, possiedono beni di lusso nel mondo digitale e li sfoggiano, andando a definire un preciso status virtuale.
Nemmeno l’economia sfugge al nuovo mondo: Cryptonomics è il termine con cui si definiscono le nascenti cryptovalute, che continuano a guadagnare terreno. L’aspetto forse più interessante riguarda invece i nuovi modelli di business: il modello B2B (business-to-business) e DTC (direct-to- consumer) sono stati soppiantati da Direct-to-avatar. Se i ragazzini degli Anni 90 risparmiavano i soldi della paghetta per comprarsi le Air max, quelli dei nuovi Venti scambiano cryptovalute per griffare la skin dei loro alter-ego virtuali. I brand vendono direttamente agli avatar. E c’è di tutto, dalle giacche ai guanti. Se vuoi (e puoi permettertelo) c’è persino la possibilità di fare un giro da nessuna parte a bordo di una Tesla.
C’è anche un po’ di social activism? Certo, ma quello si trova anche al di fuori del metaverso. Non si accetta greenwashing (aka ecologismo di facciata): Brandalism è la parola che definisce il boicottaggio dello spazio pubblicitario, esponendo le malefatte dei marchi, con l’implicita richiesta a fare di meglio. Influencer sì, ma solo se hanno qualcosa di buono da dire. I Genuinfluencers preferiscono usare i canali social per condividere consigli e informazioni, piuttosto che vendere qualcosa. Il termine Shecovery ha effetti più tangibili (e si spera benefici a lungo termine). Riguarda l’introduzione di programmi aziendali e iniziative per ottimizzare il posto di lavoro per le donne di fronte alla shecession.
Infine, dove reale e irreale si incontrano nascono Microforests e Liminal spaces.
Rispettivamente indicano spazi urbani rivitalizzati per la connessione, la comunità e la biodiversità; e spazi ibridi, dove elementi fisici e digitali si sovrappongono. Limen era un concetto caro ai popoli latini, non definiva solo un’area fisica, l’espressione poteva essere tradotta anche come “limite estremo”, oppure definiva una serie di momenti e rituali che scandivano il passaggio alle varie fasi della vita.
Pingback: Davvero la schwa alla maturità fa così scandalo? Polemiche e riflessioni - The Millennial - ALL GOSSIP ITALIA