Covid-19 visto da Las Vegas. I millennial del Nevada sapranno ricostruire e innovare?
Racconto di una città deserta in mezzo a un deserto. E un diario visivo di una italiana di stanza a Las Vegas
Testo: Bernardino Luini. Foto: Benedetta Pignatelli
Dalla finestra al centro della vita pulsante di Las Vegas, guardo con il mio gatto il contrappasso di una città: Las Vegas durante il Covid-19.
Las Vegas, studiata e costruita sulla modernità, laddove non c’era nulla, se non il deserto del Nevada. Milioni di luci e sale giochi e addii a celibati e nubilati e storie di vittorie e di sconfitte. E di soldi, soldi, tintinnanti.
Un popolo adolescente pur se senescente affollava fino a pochi giorni fa gomitoli di scale mobili in perenne movimento. Marciapiedi strapieni h24.
Oggi niente, come in un disaster movie degno di Steven Spielberg, l’allegra dissolvenza elettronica dei megascreen che insistono a far parlare le star. Giganteggiano accanto a messaggi di Grande Fratellanza e solidarietà per combattere, insieme, la tribolazione e il panico del Covid-19.
Dalla finestra vedo tutto questo paesaggio urbano, verticale e spigoloso, ma senza le persone. E non posso togliere lo sguardo dall’inimmaginabile stortura di una città fatta per le moltitudini e ora vuota e cinematograficamente distopica.
La Strip di Las Vegas la sua via più dorata, trionfale d’azzardi, è disabitata da un’estremità all’altra. Le porte sono chiuse. Il traffico è minimo. Pochi pedoni e camioncini che trasportano beni e servizi essenziali. Essenziale è la parola del contrappasso, dell’espiazione. Si va a Las Vegas proprio per non guardare l’essenziale, ma il superfluo, il futile e l’abbondanza dell’inutile.
La triste serrata di tutti i casinò del Nevada ordinatamente chiusi per almeno di 30 giorni nella speranza che il famoso “distanziamento sociale” rimedio antipandemia risalente alla notte dei tempi, rallenti la diffusione del coronavirus. Alberghi senza nemmeno un’influencer.
La Strip vuota è l’estrema sintesi in immagini di un’economia che si ferma. In una impensabile coincidenza che vede Harvey Weinstein, simbolo contemporaneo del male e del peccato, solo, in galera per sempre e malato di Covid-19.
Le coincidenze, specie se orrorifiche, interpretano l’emotività senza filtri degli americani. Sono dentro uno dei loro film, sono dentro Babilonia ed è giunta la punizione divina. Le profezie contenute in un paio di libri del secolo scorso riecheggiano come in una lunga notte di Halloween o in una sceneggiatura di Black Mirror.
Senza turisti, il nuovo futuro di questa città è in mano ai nevadan, gente cazzuta e capace di grandi gesti umani come si è visto durante e dopo la tragica notte del 1 ottobre 2017, quando il pazzo di turno uccise 59 perone e ne ferì 851. Dipenderà da loro il nuovo motore economico del Nevada e di Vegas. Gli adolescenti, si sa, hanno tutta la vita davanti. Sarà entusiasmante seguirne la rinascita nel cambiamento.