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La Generazione Z cinese è quella che fotterà l’Occidente. Ecco perché

8 Agosto 2022
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Occhio ai Gen Zer di Pechino e dintorni: sono i più forti di sempre e non condividono i valori del resto dei GenZer globalizzati

L’ha scritto, senza usare i nostri toni, anche Federico Rampini, in Suicidio Occidentale (Mondadori). Il neo guru dei talk show, una delle poche voci dal pensiero indipendente in quel coacervo di inutili opinionisti che ci ritroviamo in Italia, conosce la Cina e lancia un ammonimento con il quale, però, diciamolo subito, non si risolve il problema.

Il punto

I membri della Gen Z cinese, nati tra il 1997 e il 2012, non sarebbero così desiderosi di confrontarsi con il governo come i loro coetanei d’Occidente, ossessionati dai temi della giustizia sociale, delle politiche green e di genere. A ribadirlo, ora, sono i centri studi delle banche d’investimento come Jefferies.

Questa è la prima generazione cinese nata e cresciuta sperimentando la ricchezza, anche se non omogenea nella popolazione. Vivono con orgoglio le conquiste economiche e di conseguenza tendono a essere nazionalisti. Ed essere nazionalisti in un impero può far paura. Per loro criticare il loro governo è come tradire il Paese.

La principale differenza tra la Gen Z cinese e la stessa generazione in Occidente è per Jefferies l’accesso all’Internet censorio del Great Firewall, quello scudo “protettivo” che filtra i dati da far passare alle masse.

Ma più si osservano questi giovani, più è chiaro che questa è solo una delle tante differenze. La Generazione Z al momento conta 2 miliardi di persone nel mondo, ovvero il 25% della popolazione mondiale e presto diventerà la più grande coorte mondiale di consumatori. Qui, però la Gen Z cinese (270 milioni di ragazzi) è più ricca, più istruita e più individualista dei genitori. In che modo cambierà l’economia della Cina?

La spinta nazionalista dei GenZer cinesi

È la prima generazione al mondo composta da nativi digitali e dedica il proprio tempo libero a socializzazione e shopping, al gaming e a farsi portare i pasti a casa. La visione del mondo negli Stati Uniti e in Occidente è più liberal nella Generazione Z. Secondo Jefferies la Gen Z è «ancora più condizionata da politiche e idee progressiste rispetto ai millennial».

I temi sono quelli ormai li conosciamo tutti: lotta al cambiamento climatico, giustizia sociale, donne e diritti LGBTQ. Uno studio del 2021 della società EY ha confermato la tendenza: oltre l’80% della Generazione Z americana crede che il cambiamento climatico, il razzismo e la diffusione delle armi siano problemi significativi. Più di un terzo degli under 25 è andato in piazza a protestare, ha sostenuto un movimento politico o ha firmato una petizione online per qualche causa.

In Cina no. Al contrario, un crescente nazionalismo sta forgiando un’identità distintamente cinese. Molti giovani sono disposti a difendere ferocemente lo Stato dall’accusa di essere autoritario.

Vorremmo poter credere alla storiella che tutto ciò avvenga perché le giovani generazioni non sono cresciute negli ultimi due decenni con Facebook , WhatsApp, Instagram e YouTube, che in Cina sono vietati. Ma i social network “sostituti” sono molto seguiti,e il sistema offre risorse come il sito di blog Weibo , l’app di messaggistica e social WeChat e la piattaforma video Douyin, la sorella nazionale di TikTok.

È vero che su queste piattaforme i contenuti sono soggetti alla censura statale, ma sappiamo bene che in modo più sottile anche i nostri social sono censurati, e affermare che siano stati loro a generare l’ascesa del nazionalismo giovanile vuol dire dimenticare la causa più marxianamente lampante: il denaro.

Figli unici, più ricchi, più istruiti, più ambiziosi dei genitori

La Cina ha investito molti soldi nell’educazione e oggi la sua Generazione Z è «più ricca, più istruita e più individualista dei genitori», scrive Jefferies. Inoltre un certo ruolo lo ha giocato anche la politica cinese del figlio unico: un buon 60% della Gen Z cinese è l’unico erede in famiglia. Da maggiorenni hanno vissuto il periodo di maggior crescita economica del Paese.

Eredità senza spartizioni

La Generazione Z nel mondo è destinata a ereditare trilioni dai baby boomer e dalla Generazione Silente (quelli nati prima degli anni Cinquanta). Gli Z americani rastrelleranno 78 trilioni nei prossimi due decenni. Ma in Cina la Generazione Z ha meno probabilità di condividere l’eredità, notano quelli di Jefferies. 

Tutti ricordiamo che cosa avvenne quando qualche anno fa un famoso marchio di moda italiano cadde in un big fail per una affermazione denigratoria sul popolo cinese su Instagram: i clienti cinesi non tardarono un secondo a boicottare il marchio, con danni per milioni di euro.

Questo orgoglio nazionale giovanile sta influenzando le abitudini di spesa dei cinesi. Si evitano i marchi stranieri e si segue la filosofia del guochao, ovvero quel made in China che sceglie i colori, il design e la storia tradizionale. Ciò costringe i marchi stranieri a ripensarsi per andare incontro al mercato cinese, come ha detto a Fortune Denise Cheng, analista di una società di ricerche di mercato.

Ma all’orizzonte, ecco la prima crisi che investirà gli under 25

La grande paura dei Gen Zer cinesi, però, oggi riguarda disoccupazione, aumento dei prezzi delle case e rallentamento della crescita economica.

Se la pandemia ha ferito l’occupazione della Gen Z in tutto il mondo, in Cina i tassi di disoccupazione sono più elevati. Ogni anno si laureano decine di milioni di ragazzi, ma una percentuale significativa di loro non troverà un lavoro adeguato ai propri studi. Con una disoccupazione giovanile del 19,3%, rispetto all’8,1% degli Stati Uniti e al 7,8% della Corea del Sud, il terrore corre sulla Grande Muraglia.

A che cosa potrebbe essere disposta la Generazione Z cinese?

Il crollo del sogno del benessere economico dopo anni di crescita e ottimismo, unito al senso di unità inculcato dallo Stato potrebbe avere risvolti positivi o negativi: da alcuni segnali pare che gli under 25 stiano per uniformarsi alle visioni critiche dell’Occidente. Non tanto dal punto di vista politico ma di approccio al lavoro e alla società ipercompetitiva.

Ma c’è anche l’ipotesi che un gruppo così potente e nazionalista cominci a covare rabbia per un diritto al benessere improvvisamente negato anche da situazioni geopolitiche che ha creato e crea l’Occidente. Aggiungiamo che, come scrive Rampini, quei ragazzi sono abituati a “restituire” con gratitudine allo Stato periodi tempo dedicati alle proprie forze armate, che, nel frattempo sono diventate anche ipertecnologiche.

Meglio non fare un confronto troppo approfondito con gli eserciti professionali di Stati Uniti e soprattutto d’Europa. Dove è ormai impensabile imporre un training militare agli under 25.

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