Il mondo virtuale ha le stesse regole e le stesse cattive abitudini di quello reale? Molto spesso. Quando si parla di ghosting, non cambia proprio niente.
Durante la pandemia e i relativi lockdown sono aumentate le relazioni e le interazioni virtuali, così come si pensa sempre più di risolvere i problemi di socializzazione rifugiandosi in app Tinder style, fiduciosi che tanto sia tutto virtuale e quindi anche approcci maldestri, figuracce e soprattutto il ghosting – ovvero sparizioni improvvise senza lasciare traccia né tantomeno spiegazioni – siano più semplici e non comportino conseguenze.
Non funziona così, come tanti millennial stanno sperimentando sulla loro pelle e sulla loro psiche, già messe a dura prova negli anni da una serie di due di picche capaci di smorzare anche gli entusiasmi dei più irriducibili.
Otto persone su 10 “vittime” di ghosting
Un sondaggio dell’edizione statunitense di Cosmopolitan riferisce che ben l’80% delle persone intervistate ha subito almeno la volta un caso di ghosting: numeri che si commentano da soli e che meritano più di una considerazione. Innanzitutto nessuna scusa: sparire come un fantasma, all’improvviso, senza una motivazione se non quella che si ritenga più semplice e più comodo eclissarsi pavidamente rientra a pieno titolo nella categoria dei comportamenti volgari, inaccettabili, penosi, ben oltre la fellonia e – ultima cosa ma non meno importante – alquanto maleducati.
Nessun dubbio che in un ideale tribunale dei sentimenti e del bon ton non potrebbe che esserci una condanna senza appello per questi atteggiamenti, gravi in egual misura se si verificano nella sfera personale come in quella professionale.
Argomento grave ma non serio
L’argomento è grave ma è non serio, parafrasando uno dei più celebri aforismi dell’immenso Ennio Flaiano, anche se YouTube è pieno di tutorial di professori universitari e psicologi che spiegano come reagire al ghosting, con un approccio e una serietà in tutta probabilità degni di miglior causa. Quando è stato creato l’universo, ironia e auto-ironia sono state distribuite con il contagocce. Con i cervelli, si sa, non è andata molto meglio.
Come reagire al ghosting?
Ribaditi e separati torti e ragioni, non si deve però sconfinare nel vittimismo o nella psicanalisi per spiegare perché prima o poi un caso di ghosting capiti a tutti quanti noi. Ribaltiamo la prospettiva: una persona che si trasforma all’improvviso e senza preavviso in un fantasma non merita la sofferenza e il dispiacere di chi si trova dall’altra parte della storia.
È ammesso soltanto una sorta di fisiologico fastidio, ma guai a pensare che la colpa sia della vittima: è l’esatto contrario. Anche in un’epoca ultra-digitale come la nostra tornano assai utili i consigli della nonna, che estraiamo con piacere dal suo cestino con le sue cianfrusaglie per l’uncinetto: meglio chi sparisce prima di chi sparisce poi.
Così come diventa sin troppo facile citare il titolo di una discreta commedia americana del 2009: “He’s Just Not That Into You”, per una volta ben tradotto nella versione italiana: “La verità è che non gli piaci abbastanza”. Su la testa, più orgoglio e amor proprio quando capita un caso di ghosting, care e cari millennial.