L’età dell’oro dei rave party non ritornerà
Ogni estate italiana porta con sé la notizia di almeno un rave capace di radunare migliaia e migliaia di persone, in grado di soddisfare pruriti e moralismi di tutti i benpensanti.
Più che un rave, un’autentica tempesta perfetta: quanto svoltosi in provincia di Viterbo a cavallo di Ferragosto è stata l’autentica tempesta perfetta, argomento ideale per riempire tg, quotidiani e siti con la “fredda cronaca”, per come l’avrebbe raccontata Frengo e Stop, uno dei migliori personaggi di sempre ideati da Antonio Albanese.
Gli ingredienti della narrazione che in questi casi non mancano mai? Musica stordente, scenari apocalittici, racconti di stati vari di allucinazione, spaccio e consumo di droghe come se non ci fosse un domani, ingredienti di base ai quali stavolta si sono aggiunte le notizie del morto ‘compensata’ da un parto e dei cani che avrebbero sbranato pecore, prima di essere a loro volta abbandonati al loro destino e a un caldo che ovviamente non dava tregua, per tacere di chi si sarebbe avventurato su qualche tetto credendosi Batman o si sarebbe arrecato nudo in qualche supermercato. Il tutto condito dagli inevitabili sdegni dei politici.
Per farsi un’idea in materia di rave
Se i media generalisti hanno optato per un resoconto di questo tipo, in altri casi non sono mancati i reportage militanti e d’opposizione al mainstream, di lotta ma non di governo. La verità starà nel mezzo? A ciascuno la sua sintesi e la sua presa di posizione, scusandoci con i veri appassionati di questo genere di raduni se non distinguiamo a sufficienza tra rave, freeparty e teknival: per ulteriori approfondimenti in materia, niente di meglio che farsi un giro sulla pagina Facebook Muro di Casse e leggersi questo articolo del sito Minima Et Moralia, scritto nel 2012 ma tutt’ora attualissimo.
Per chi voglia invece conoscere le origini assolute dei rave, nati negli anni ottanta in Gran Bretagna, assolutamente imperdibile il documentario “Better Days: The Story of UK Rave”, disponibile sul canale YouTube di Amazon Music. Altrettanto interessanti spunti derivano dalla recente graphic novel “Cassa Dritta” di Roberto Grossi (Fumetti Coconino Press-Fandango), alla quale dedichiamo la foto d’apertura di questo nostro articolo e dal libro “Rave in Italy” (Agenzia X) di Pablito El Drito.
Un ritorno di fiamma per i rave?
Chi pensa che il rave in Centro Italia segni il ritorno dei raduni illegali dei (bei) tempi andati è decisamente fuoristrada; più facile accada il contrario. Chi organizza questi ritrovi tutto vuole tranne che visibilità, attenzione dei media e tutte le conseguenze che ne derivano: facile che i prossimi rave di queste dimensioni si svolgano sempre più all’estero, quello di Viterbo potrebbe essere stato una sorta di canto del cigno.
Così come è impossibile pensare che rinasca un movimento alternativo come quello che portò ai succitati better days. Allo stato attuale, ogni rivendicazione in materia a metà tra la controcultura e l’antisistema suona decisamente anacronistica. L’età dell’oro dei rave non tornerà, anche perché è probabile che a nessuno interessi un suo ritorno.
E le discoteche, nel frattempo?
Inutile anche lanciarsi in arditi paragoni tra la performance di Salmo a Olbia e il teknival di Viterbo. Una mera operazione commerciale la prima, un raduno che gli organizzatori avrebbero preferito si svolgesse nell’anonimato più totale il secondo.
Altresì forzato il confronto tra i rave e le discoteche chiuse, due realtà assolutamente simmetriche: i rispettivi frequentatori sono agli antipodi, non si conoscono, non si frequentano e se per caso si incrociassero per strada si lancerebbero occhiate di reciproco disprezzo.
Lo scandalo tutto italiano non sono i rave, lo scandalo è continuare a consentire il ballo nei bar, nei ristoranti, nelle spiagge e nelle piazze, mentre si prosegue nel vietarlo e nel sanzionarlo soltanto nelle discoteche.