Anno nuovo, vita nuova. Ma i vecchi social rimangono e, data la loro lenta crisi, guardarsi attorno per trovare un’alternativa è diventata una pratica sempre più comune. Dopo aver visto un’opzione valida (ma fino a un certo punto) al Twitter delirante di Musk, oggi spaziamo verso altri orizzonti. Esistono dei social anti Facebook che possono seriamente prendere piede?
MEWE: IL CAPOSTIPITE DEI MODELLI FREEMIUM
Partiamo da una vecchia conoscenza per gli aficionados delle piattaforme di nicchia. Sì, perché MeWe è stato fondato nel 2012, quando Facebook aveva ancora una grafica stile Corea del Nord e Instagram usciva dall’esclusività e veniva resa disponibile anche agli utenti Android. Il social era la creatura di Mark Weinstein (no, non un parente del controverso produttore), visionario imprenditore amante del concetto di privacy. MeWe, infatti, fa di questa idea il suo caposaldo, ponendosi totalmente agli antipodi di Facebook (soprattutto del Facebook senza scrupoli di qualche anno fa). Nota di merito, inoltre, il fatto che nell’advisory board dell’azienda figuri il nome di Tim Berners-Lee, il padre fondatore del World Wide Web e da molti anni critico nei confronti del modello di business delle Big Tech.
Ma come funziona questo portento che in realtà non conosce nessuno? Ti stupirai, ma funziona esattamente come ci si aspetterebbe. L’utente può caricare contenuti testo, video e immagini e condividerli sul Feed, che non possiede algoritmo, ma utilizza il semplice ordine cronologico. Anche qui esistono i gruppi pubblici o privati ed esiste la particolarità di poter accedere a una chat specifica per gruppo, una volta entrati a farne parte. Le immagini pubblicate possono avere una data di scadenza, mentre le chat possono essere crittografate. In generale, tutte le interazioni dell’utente, dal singolo post alla singola conversazione, godono di livelli di privacy personalizzata che possono essere modificati in qualsiasi momento. In più, MeWe non vende alcun tipo di dato personale a terzi e non utilizza un sistema di ADS.
Ma come fa quindi a sostenersi? La piattaforma utilizza un sistema “freemium”, ovvero un accesso base con funzioni limitate e dei piani di abbonamento a crescere. Il piano base prevede comunque un bel po’ di funzioni, come contenuti effimeri, sticker personalizzati e ben 8 GB di Cloud personale a disposizione. Le versioni premium aggiungono funzionalità soprattutto lato business, come video call illimitate, 100 GB di Cloud, temi e sticker personalizzati e l’integrazione con la suite Office 365.
Ma quanto è diffuso nel mondo? Dati aggiornati non ne esistono, ma l’azienda ha dichiarato 8 milioni di iscritti a giugno del 2020, in rapida crescita.
MeWe, come Mastodon, ha beneficiato di momenti di notorietà grazie soprattutto a circostanze esterne. Negli scorsi anni è diventato una delle piattaforme preferite dai sostenitori di Donal Trump, limitati da quelle tradizionali. Nel 2020 ha poi avuto un boom di iscritti da Hong Kong a seguito della preoccupazione per le possibili censure messe in atto da Facebook, a causa dei problemi e delle tensioni politiche con la Cina continentale.
Un fallimento come anti Facebook quindi? Sicuramente MeWe non ha mai avuto i numeri per impensierire il social di Zuckerberg, ma rappresenta tutt’ora un’alternativa valida per una nicchia di professionisti che cercano una piattaforma enterprise dove condividere i contenuti.
ELLO: IL PARADISO DEGLI ARTISTI
Un altro social definito “l’anti Facebook” al momento del lancio. Se i numeri non danno ragione a questa etichetta, l’esistenza di “Ello”, una piattaforma del tutto peculiare, rappresenta un altro tentativo più o meno riuscito di dare vita a un modello alternativo di business social.
Lanciato nel 2014 dagli imprenditori Paul Budnitz e Todd Berger, si è posto appunto da subito come alternativa all’odiata creatura di Mark Zuckerberg. In particolar modo Ello è venuto alla ribalta per una polemica, nata all’interno di Facebook, con la comunità LGBTQ (a scanso di equivoci, l’acronimo è quello del 2014). La decisione presa da Zuckerberg era relativa al divieto di utilizzare nomi d’arte sulla piattaforma, privilegiando la vera identità dell’utente. Ello ne approfittò subito per dichiarare pubblicamente le porte aperte verso la comunità LGBTQ, fregiandosi dell’opportunità di utilizzare liberamente qualsiasi nominativo sulla sua piattaforma. L’iniziativa ebbe un certo successo e le iscrizioni al social crebbero vertiginosamente per un breve tempo. Peccato che i server andarono in crash e venne quindi inserita l’iscrizione su invito.
Nonostante i problemi tecnici, lo scotto da pagare per Ello doveva ancora arrivare. Negli anni dello strapotere di Facebook e del suo modello di business, non avere introiti pubblicitari e non utilizzare i dati personali degli utenti per farne quello che si voleva era commercialmente deleterio. Ello cominciò quindi a cadere in disuso, dopo aver raggiunto la discreta quota di 3 milioni di utenti. Ecco allora il cambio di rotta nel 2016. Invece di passare a un nuovo modello di business, il social si reinventò come vera e propria piattaforma per gli artisti.
In un’epoca di social generici, la specificità aveva un certo appeal e Ello divenne quindi uno spazio di condivisione essenzialmente grafico. Una sorta di Pinterest, con la possibilità di postare contenuti, ma anche di mettere in vendita e guadagnare dalle proprie opere. Il social è molto semplice da usare e fa della sua interfaccia minima e intuitiva il suo punto di forza. Non possiede ADS di nessun tipo e tutto il contenuto visualizzato, quindi, è di fatto organico. Per gli artisti che si iscrivono sono disponibili funzioni interessanti, come la collaborazione con altri utenti per la creazione dei contenuti. Un contenuto può quindi essere creato da due artisti diversi, per dare vita a un’opera d’arte unica, come ad esempio un dipinto basato su una melodia.
Essendo così specifico, Ello si pone anche come piattaforma ideale per contattare dei creator e commissionare dei lavori artistici. Utilizzo questo social dal 2017 per conto di un progetto che seguo e devo dire di non aver mai riscontrato un grande movimento. Il numero di utenti ricorda infatti, in maniera preoccupante, quello del defunto Google +. Per chi bazzica nel mondo artistico, però, vale di sicuro una visita. Rimane ancora la possibilità di avere un nome d’arte, ma l’identità assunta da Ello non lo ha posto né lo porrà di certo come competitor di massa dei social tradizionali.