Il linguaggio umano si evolve, e questa volta lo fa a velocità di algoritmo. Facendo scroll tra i reels vi sarà capitato di vedere parole scritte così: S3ss0, H3zb0lla, P4ndemi4. Perché è successo?
Fanno tutte parte della lingua dei social, creata per aggirare la censura e i filtri delle piattaforme. Si chiama Algospeak, un modo diverso di comunicare, che prevede che parole sensibili (legate alla sfera del sesso, della pandemia, salute mentale, suicidio ecc.) vengano scritte in maniera “intuibile”, sostituendo i numeri alle vocali, oppure aggiungendo un asterisco al centro della parola.
Come nasce l’Algospeak
La pandemia ha spinto sempre più persone a comunicare online, tanto che, negli ultimi due anni, TikTok è diventato un punto di riferimento. Per evitare che il social più amato dai giovani divettasse un mare di spazzatura inondato di fake news e contenuti sensibili, i moderatori hanno iniziato ad applicare filtri e a penalizzare argomenti ritenuti non adatti a un pubblico giovane. TikTok non si affida agli stessi meccanismi di Instagram: i contenuti non occupano le posizioni alte del feed basandosi sulla popolarità del creatore, ma vengono selezionati e messi nella sezione “Per Te” seguendo le regole dell’algoritmo, fondamentali se l’obiettivo è quello di far crescere la propria popolarità.
Il problema? La piattaforma non si mette a fare troppe distinzioni tra contenuti informativi positivi o disinformazione, per TikTok non c’è bene o male, c’è solo un elenco di parole ammesso e una lista nera di quelle vietate. Ecco che la comunità di internet ha creato un nuovo linguaggio, che confonde l’algoritmo e permette che i contenuti non si perdano o peggio, non vengano rimossi. “Quando i giovani hanno iniziato a parlare di salute mentale, lo hanno fatto utilizzando l’espressione ‘diventare unalive’ per continuare a discutere di suicidio senza punizioni algoritmiche – ha spiegato la giornalista Taylor Lorenz sul Washington Post – Le sex worker, a lungo censurate dai sistemi di moderazione, si riferiscono a sé stesse come “contabili” e usano l’emoji della pannocchia al posto della parola ‘porno'”.
L’Algospeak per aggirare la censura
Nel giro di pochi mesi l’utilizzo dell’Algospeak non ha permesso solo ai content creators di continuare a fare il loro lavoro, ma ha aiutato anche le persone che vivono sotto regimi totalitari a fare attivismo social utilizzando eufemismi, emoji e giochi di parole. “Da quando è iniziata l’invasione in Ucraina, per indicare il Paese le persone su YouTube e TikTok hanno iniziato ad usare l’emoji del girasole. Per incoraggiare i fan ad approfondire l’argomento seguirli altrove, gli utenti diranno “blink in lio” al posto di ‘link in bio’.”, scrive ancora Taylor.
La domanda comunque resta: la censura può essere la soluzione per avere dei social ‘civili’? Secondo Evan Greer, direttore della non-profit per i diritti digitali Fight for the Future, no. “Credo che questo sia un buon esempio per dimostrare che la moderazione aggressiva non sarà mai una vera soluzione ai danni causati dalle pratiche commerciali delle grandi aziende tecnologiche. Nel corso degli anni abbiamo assistito sempre più alla richiesta fuorviante da parte del pubblico di rimuovere sempre più rapidamente contenuti ritenuti scomodi, senza fermarci a pensare che tutto questo ha un costo“.