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Instagram Reels sfida Tik Tok: l’attacco di Mark Zuckerberg ai cinesi e al loro “Sputnik” è il match dei prossimi anni

29 Luglio 2020
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Mark Zuckerberg lancia la sfida a Tik Tok: Instagram Reels per mantenere la supremazia sui social e mettere altre bandierine nel Risiko imperiale dei Social Network

C’è qualcosa che accomuna tutti i signori del digitale: la fame.
Fame di dati, di crescita, di traction (quando la curva di adozione di un servizio digitale diventa esponenziale il successo è dietro l’angolo).

Non per niente il nome che Jeff Bezos voleva per Amazon era Relentless (instancabile). Non ci credete? Provate a digitare www.relentless.com sul vostro browser e vedete dove vi porta.

È nella natura di internet favorire le aziende che accumulano dati, utenti, utilizzi, tempi di permanenza all’interno degli applicativi.

Tik Tok, questo pericoloso intruso

E i giganti del web non devono avere preso benissimo l’idea che la next big thing fosse Tik Tok, startup cinese nata dopo gli enormi investimenti in intelligenza artificiale che il paese asiatico (quindi il Partito Comunista cinese) ha deciso a seguito dello smacco provocato da AlphaGo (c’è un bellissimo documentario su Netflix, che vi consiglio. È la storia di come una AI ha sconfitto per la prima volta il campione del mondo di Go: i cinesi si son presi paura come gli americani ai tempi dello Sputnik e hanno deciso di lanciare la loro sfida alla Luna).

La sfida ha dato i suoi frutti: Tik Tok infatti è il primo progetto cinese a ottenere enorme visibilità in Occidente (ci aveva provato WeChat, con risultati alterni, ma non era mai entrata nel marketing mix dei brand, invece oggi il mio telefono è pieno di notifiche della Ferragni che fa piccoli video su una piattaforma asiatica).

Tra i colossi americani, però, ce n’è uno in particolare che mal sopporta la concorrenza: se avete visto il film The Social Network lo saprete benissimo (e se non lo avete visto, fatevi un favore: la scrittura di Aaron Sorkin è sempre un piacere). Mark Zuckerberg, con la sua faccia da alieno e il tentativo mal riuscito di sembrare uno di noi è il più affamato di attenzione.

Il Monopoli di zio Zuck

Quando la messaggistica privata è diventata qualcosa di diverso dagli sms, Zuck si è comprato Whatsapp, per la cifra strepitosa di 18 miliardi di dollari.

Quando ha notato che le foto pubblicate su Facebook non ottenevano la stessa attenzione di quelle su Instagram, è uscito di casa e si è comprato Instagram: 1 miliardo di dollari per non perdersi il business delle immagini online (e la loro condivisione, i luoghi geografici in cui vengono scattate, il sentiment degli utenti collegato ad esse: IG è diventata così il famigerato unicorno, la one billion dollar startup).

Il giochino di comprare le startup si è poi interrotto e Mark ha cambiato strategia: le società infatti raggiungevano (e raggiungono) una valorizzazione troppo alta per essere acquistate.

In questo il caso Snapchat è paradigma: Facebook cercò di comprare la startup che faceva impazzire gli adolescenti. Non ci riuscì e si inventò le Stories, inserite prima in IG e poi su FB.

Tutto sommato a Snapchat conveniva vendere (accadde anche a FourSquare: anche loro resistettero a Mark e non fecero una fine eccellente).

Ora la storia, forse, si ripeterà: Menlo Park ha infatti annunciato la nascita di Reels, una sezione di Instagram per condividere brevi video (con buona pace del defunto predecessore, Vine, prodotto di Twitter prima epurato dal porno e poi morto dopo pochi giorni).

Non si deve essere esperti di cose di rete o futurologi per capire che l’obiettivo è Tik Tok, o meglio, la sua base utenti.

Sì, perché vale sempre il vecchio adagio per cui se un prodotto è gratis, il prodotto se tu. E, nello specifico il prodotto siamo noi, i nostri contenuti, le nostre abitudini di consumo.

Insomma, Tik Tok è sotto attacco di Zuck, un attacco che spesso va a buon fine e che ha visto la fine o il ridimensionamento di diverse società. E proprio notizia di questi giorni, però, che Tik Tok ha iniziato una sperimentazione che porterà i creator di contenuti a monetizzare i propri sforzi direttamente in piattaforma tramite fondi ad hoc, costruiti probabilmente per resistere agli attacchi di Mr. Facebook.

Basterà? Non lo sappiamo.

Quello che sappiamo è che, di certo, Mark Zuckerberg non è un uomo che si arrende facilmente. Come sappiamo che la questione Reels vs. Tik Tok non è solo un gioco per adolescenti.

Per la prima volta, infatti, uno dei big del digitale non è americano, o non è nella sfera di influenza americana (Spotify, per esempio, non è statunitense ma non ha mai fatto particolare paura).

Dietro i Signori del Silicio c’è sempre una guerra geopolitica

La verità è che da diversi anni il digitale, il web o Internet, chiamiamolo come vogliamo, è lo scenario nel quale si combatte una aspra guerra geopolitica, dove l’influenza delle super potenze diviene fondamentale.

E, al netto delle guerre sporche (attacchi hacker e disinformazione da fake news) è la prima volta in assoluto che un’azienda fondata in un paese dichiaratamente nemico degli USA riesce a mangiare fette di mercato popolate dagli utenti che avevano sempre scelto un prodotto a stelle e strisce (o affine).

Capire ciò che accadrà non è semplice: di certo, però, la politica americana tifa Mark Zuckerberg (ed è un singolare ed ennesimo cortocircuito di questo strano contemporaneo, dopo che la platform di Menlo Park aveva favorito la diffusione delle fake filo-russe o forse, dato l’attuale inquilino della casa bianca la cosa non è poi così strana). Nel frattempo Donald Trump annuncia la messa al bando di Tik Tok, mentre l’India l’ha già eseguita.

La spartizione generazionale

Senza entrare però in complottismi vari, sembra evidente come l’oligarchia digitale americana fino a ieri fosse ben presidiata: Facebook per elder millennial, Y-Gen, X-Gen e boomer, IG per younger millennial e Z-Gen, Whatsapp per tutti (tranne gli smanettoni da Telegram).

Google per la ricerca (ormai, dopo Wave, Plus, Circle pare proprio che abbiano rinunciato all’idea dei social), Amazon per gli acquisti e gli ecosistemi hardware di AWS, YouTube e Twitch per i video nelle loro varie declinazioni.

Tik Tok è arrivato come un fulmine a ciel sereno, e la supremazia occidentale nel digital per le masse è in serio pericolo, almeno su un segmento di mercato: sono abbastanza convinto che Mark Zuckerberg non si arrenderà, ma la partita è molto interessante da osservare.

Che cosa ci aspetta

Nei prossimi anni ne vedremo delle belle: la guerra sul 5G non è puramente economica, ma impatta sui dati e sul futuro delle AI, mentre enormi corporation si scontrano per capire come viviamo, cosa amiamo, chi siamo: forse già oggi ci conoscono meglio di quanto possiamo conoscere noi stessi.

La guerra Facebook contro Tik Tok sembrerà soltanto la piccola schermaglia iniziale di un processo tremendamente grosso.

In gioco c’è la supremazia digitale internazionale: le Corporation hanno dimostrato di essere decisamente più veloci ed efficienti degli stati nel farsi donare dati (e la fatica di adozione di Immuni e delle app internazionali di tracciamento è lì a dimostrarlo).

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Il mondo si sta ridisegnando su scenari cyberpunk, scenari che gli oligarchi del web e i loro finanziatori leggono, studiano, approntano.

State pronti che si balla, tra un’app e l’altra, tra un video e l’altro, tra una opportunità di lavoro nuova che nasce e interi ecosistemi digitali che muoiono.

In tutto questo un unico grande comune denominatore: la velocità di adattamento è un fattore cruciale, per noi millennial, per le aziende e per il nostro innovatore Mark Zuckerberg. Let’s see what will happen.

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