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Tomiyasu il calciatore samurai del Bologna dà sempre una sola risposta

16 Aprile 2020
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Dopo varie telefonate, un certo tempo di attesa e ripetuti tentativi, alla fine ce l’abbiamo fatta! Tomiyasu ha detto una cosa solo per noi che vi sveleremo soltanto alla fine.

Diciamoci la verità, i calciatori giapponesi in Italia ci sono sempre piaciuti, sarà perché tutti noi Millennial in fondo abbiamo guardato Holly & Benji (alias Capitan Tsubasa) in televisione, il cartone animato cult degli anni 80 e 90. Quello, per intenderci, in cui il pallone non cadeva mai e il campo era lungo come una pista d’atterraggio per Boeing 747.

Ci ha cresciuto dandoci l’idea dello discrasia spazio-tempo, del fatto che mentre compiamo un’azione in realtà siamo animali pensanti. Idee ed emozioni che si aggrovigliano calciando un pallone o pensando alle persone che abbiamo care. Una volta, intervistando un ex giocatore professionista gli chiesi a cosa aveva pensato nel calciare il rigore più importante della sua vita. Rispose: “alla mia famiglia e agli sforzi che avevano fatto per me”. Capito no? Ce l’hanno insegnato loro, i giapponesi con i loro anime e

 

 

Tomiyasu il giappo-videogame

 

noi li abbiamo importati in una sorta di realtà aumentata inizio anni ’90, un esperimento sportivo-scientifico-sociale che ci ha regalato splendidi esempi.

I calciatori giapponesi in Italia

Il primo fu Kazu Miura nel 1994 al Genoa assieme ad Alexi Lalas, al Padova, primo calciatore americano non italo americano della storia della serie A. Altri tempi direte voi, ma che tempi signori miei. Perché dopo sono tornati di moda i sudamericani, i bomber dell’est e i granitici difensori del nord Europa, salvo qualche eccezione. Degno di nota è stato Keisuke Honda, giocatore d’alto lignaggio, un principe d’oriente prestato a pallone e scarpini da calcio. In Italia è durato dal 2014 al 2017, mentre oggi non molti sanno che allena la Cambogia. E sì anche la Cambogia ha la sua Nazionale che si sta rinnovando, dando ampio spazio ai giovani. Si arriva così all’estate scorsa, quando il Bologna ha puntato su Takheiro Tomyiasu facendo un gran colpo di mercato

 

 

 

Come lavarsi le mani in giapponese

Ottimo difensore, subito nel cuore dei bolognesi e anche un po’ nel nostro, perché ci riporta a quando eravamo bambini e alle partite infinite di Holly & Benji. In pochi mesi ha imparato a rispondere in italiano alle domande dei giornalisti, mal che vada può sempre contare su un ottimo inglese, mentre la versione originale in giapponese la lasciamo ai più dotati linguisticamente parlando.

La live Instagram ai tifosi di calcio del Bologna ai tempi del Coronavirus ci dice cosa pensa sui temi più caldi del momento.

Olimpiadi Tokyo: «Ammetto di esserci rimasto male perché inizialmente proprio non mi aspettavo il rinvio. In una situazione del genere, però, non si poteva fare altrimenti. Avrò più tempo per prepararmi. Anche gli avversari avranno più tempo per salire di livello».

Quarantena: «Ora come ora esco solo per fare la spesa (Tomiyasu è rimasto a Bologna durante la quarantena, ndr.). Seguo scrupolosamente il programma di allenamento del Bologna. E sono anche in contatto con il Ct del Giappone. Il livello della qualità degli allenamenti, rispetto a quelli sul campo, è inferiore, ma il mio obiettivo è di mantenere la condizione. Adesso ho più tempo per ascoltare il mio corpo: mi sono accorto che devo ancora perfezionare il bilanciamento. Sto prestando più attenzione ai dettagli». Non c’è che dire, un vero samurai del pallone armato di disciplina ed entusiasmo.

 

Superboys, sigla stile Beatles “Ob-la-di Ob-la-da”

E siamo arrivati esattamente dove vi avevamo promesso. Ma prima vi dobbiamo chiedere, quanti sono gli anime giapponesi che parlano di calcio? Non lo sapete, ve lo diciamo noi, sono quasi una ventina e uno in particolare, il primo, ha appena compiuto cinquant’anni. Si chiama Arrivano i Superboys e andò in onda su Nippon Television per la prima volta il 13 aprile del 1970, mentre in Italia fu trasmesso a partire dal 1980.

Appena sei anni prima di Holly&Benji e otto in anticipo su Palla al centro per Rudy, altro grandissimo esempio di anime giappo-calcistico. Ci siamo sempre chiesti cosa ne pensano loro, i giapponesi che giocano a calcio a grandi livelli, se li guardano, li hanno visti e cosa pensano. Perché l’idea in fondo è sempre stata che venissero disegnati solo per venderli al mercato occidentale.

E invece non è così: «Naturalmente li conosco tutti », dice Tomiyasu, classe 1998, «ma non è uno che preferisco rispetto agli altri, diciamo che mi piacciono tutti». Una risposta tanto diplomatica, quanto sincera se vogliamo, che ci inorgoglisce parecchio. Ci ha reso partecipi di una corrente di pensiero filo asiatico-occidentale che rende tutti i bambini uguali in ogni parte del mondo e ci fa tornare allo stesso tempo di nuovo bambini.

 

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