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Boicottare Ibsen non tanto perché è noioso, ma perché da ambientalista ante litteram, lui approverebbe

10 Aprile 2024
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Accade a Broadway che un’opera che vede come protagonisti gli attori Jeremy Strong di Succession e Michael Imperioli di Sopranos sia interrotta dalle proteste degli attivisti di Extinction Rebellion.

Lo scopo: l’inossidabile e un po’ generico messaggio sull’importanza di affrontare le minacce ambientali e di dare voce alle questioni climatiche cruciali.

L’opera in questione è An Enemy of the People, dramma in cinque atti del norvegese Henrik Ibsen, scritto nel 1882 e andato in scena per la prima volta nel 1883. Narra la storia di un medico che lotta per far fronte a una minaccia ambientale ignorata dalla sua comunità. Uno spettacolo che inaspettatamente per l’età che ha, riflette in modo attuale le sfide legate alla salute del pianeta. Gli attivisti di Extinction Rebellion NYC hanno scelto con cura di interrompere questo spettacolo per sottolineare l’urgenza di affrontare il cambiamento climatico e le sue conseguenze.

In qualche modo quindi hanno reso un servizio alla volontà dello scrittore, ribadendo agli spettatori che si presume siano appartenenti alla crème illuminata di New York, che se perfino Ibsen si era accorto dei rischi per il pianeta, oggi è davvero troppo tardi.

Si tratta di qualcosa che i ragazzi italiano di Ultima Generazione dovrebbero mutuare come esempio di protesta “pensata” e molto più utile al dibattito rispetto alle secchiate di vernice finta.

Vero è anche che siamo portati a credere che gli attivisti di UG siano più simili ai nostri giovani e più ingaggianti rispetto a quelli di Extinction Rebellion, movimento composto da giovanotti biondi spettinati, ricchi e fichetti. Ma è innegabile che mettere la testa su eventi che richiamano un pubblico potenzialmente sensibile ma di fatto menefreghista (e che probabilmente considera Ibsen mortalmente noioso) sia una missione non peregrina.

Rimane forse da rivedere il linguaggio apocalittico che usa ER e che può essere controproducente. Piuttosto che accusare tutti dell’assassinio di un pianeta, sarebbe più opportuno concentrarsi sulle conseguenze reali e tangibili del cambiamento climatico, che colpiranno in particolare le comunità più vulnerabili.

Non c’è niente di peggio per la salute dello scambio intergenerazionale che aizzare alla contrapposizione quando sarebbe meglio mantenere un equilibrio tra l’urgenza di agire sul cambiamento climatico e la necessità di comunicare in modo accurato e basato sui fatti. Le generazioni più giovani e impegnate nella protesta si sono per lo più già guadagnate il rispetto di politici e media. Al punto che forse non è così appropriato strillare scenari apocalittici. Che il futuro ci riservi nefaste conseguenze del cambiamento climatico ormai è opinione di chi comanda il mondo da destra come da sinistra. La scienza offre già esempi  tangibili e devastanti, e c’è bisogno di equilibrio per affrontare sfide inevitabili.

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