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Stipendi in Italia: donne, Millennial e Gen Z sono l’ultima ruota del carro

20 Novembre 2020
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“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.

L’articolo 36 della Costituzione italiana è parecchio chiaro. Tuttavia è altrettanto chiaro che allo stato attuale il suo contenuto è pura fantascienza, soprattutto con certe categorie sociali o in certi contesti geografici storicamente più svantaggiati. Il dato emerge evidente in una ricerca realizzata per Upday da TrueNumbers (vedi il grafico).

Se lo stipendio medio in Italia è 100, gli over 54 guadagnano 120. Gli under 30 solo 71. Male male per i giovani millennial e per i cugini della Gen Z. Ma con loro ‘soffrono’ anche le donne e gli stranieri. Vediamo nel dettaglio chi sono i privilegiati e chi, purtroppo, arranca.

Le retribuzioni dei lavoratori dipendenti sono cresciute negli anni scorsi. Poco ma sono cresciute. Nel 2019 in base agli ultimi dati dell’Inps sono arrivate a 21.962 euro lordi, 249 euro in più del 2018 e 414 più che nel 2018. All’interno di questi dati però c’è di tutto.

Lo stipendio medio è 90 euro al giorno

Si considera allora la retribuzione media giornaliera, che nel 2019 era di 90 euro, e che però come tutte le medie non racconta tutta la storia. Intorno a questo valore vi è una certa disuguaglianza, che colpisce sempre le stesse categorie. Per fare un confronto l’Inps pone la retribuzione giornaliera media, appunto 90 euro, uguale a 100, e calcola a quanto ammonterebbe in proporzione quella delle varie categorie.

Donne sottopagate: il gender pay gap

C’è una distanza notevole tra uomini e donne, per esempio, con i primi che hanno stipendi che a livello giornaliero sono uguali a 113, ovvero del 13% maggiori della media, e donne che rimangono a livello 82, ovvero il 18% meno della stessa media. È il famoso gender pay gap, che ha tante cause, tra queste il maggior ricorso delle donne al part time e quindi le minori occasioni di carriera, oltre che la minore presenza in quei settori e in quelle professioni, per esempio tecniche, in cui vi sono retribuzioni migliori.

Stipendi, i giovani sono i veri poveri

Ma c’è un gap ancora più ampio: quello legato all’età. Rispetto alla solita media posta uguale a 100 gli stipendi di chi ha più di 54 anni arrivano a quota 120, coloro che sono tra i 30 e i 54 sono vicini alla media, a 102, mentre i giovani under 30 si fermano a 71.

È una disuguaglianza che è sempre più nota e nasce, in parte, dalle tipologie di contratti. Tra i giovani quelli a termine sono più frequenti e proprio i contratti a tempo determinato sono quelli maggiormente sacrificati nei periodi di crisi.

Non godendo della protezione del tempo indeterminato, le aziende nei momenti di difficoltà si liberano prima dei precari, tra cui i giovani e le donne sono sovra-rappresentate. Dovendo tornare sul mercato questi devono accontentarsi dei salari offerti. Subiscono più degli anziani il gioco della domanda e dell’offerta che è stato poco generoso in questi anni.

Stipendi, gli stranieri non se la passano bene

Non a caso coloro che lavorano a termine hanno retribuzioni uguali a 71, posta la media a 100, mentre chi ha l’ambito posto a tempo determinato superano la media del 5%. Oltre all’ovvio gap tra chi lavora part time, a quota 55, e full time, 120, c’è quello tra italiani e comunitari ed extra comunitari che prendono il 25% meno della media. Non è un caso che si tratti soprattutto di giovani, impiegati in settori, come le costruzioni o l’agricoltura, o le pulizie, con stipendi minori e contratti più precari.

Negli ultimi anni hanno avuto anche la sfortunata funzione di ammortizzatore, un po’ come i giovani: nei momenti di crisi l’occupazione degli extracomunitari è crollata molto più di quella degli autoctoni. E i salari ovviamente ne risentono. E con il coronavirus la dinamica si ripete.

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