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La Generazione Z apre le orecchie e se ne infischia dei social

5 Dicembre 2022
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La caccia all’attenzione della generazione Z sui social è stata una costante di questo 2022. E diciamo pure che il flusso di ricerche di marketing pubblicate ha contribuito soltanto a generare un gran casino.

Un po’ a causa del fatto che ci sono Genzer di 12 anni e altri di 25 e, com’è prevedibile, non possono essere valutati insieme come consumatori. Un po’ perché si trovano poche caratteristiche davvero utili agli schemi del marketing tradizionale.

La generazione Z tradisce social e Big Tech

I Genzer sono spassosi nella loro capacità di eludere le categorie adulte. Alcuni di loro brillano per essere dei giovani anziani, devoti soprattutto ai nonni, altri investono sulle piattaforme finanziarie già a 13 anni. Altri ancora escono regolarmente senza telefono. Ma come si permettono, queste creature, di sfuggire al controllo dei Big Tech?

Lo fanno, lo fanno. L’altro giorno, mia nipote 14enne è tornata da scuola, ha suonato il campanello di casa e nessuno le ha aperto. Il citofono era fuori uso. Senza fare un plissé si è palesata a casa degli zii (io e mia moglie). Ho tutta l’impressione che nemmeno questo inconveniente le abbia fatto pensare all’utilità del telefonino, che rimane sempre più spesso, scarico, nella sua cameretta.

La generazione Z e i social

Sensazioni per nulla scientifiche che però oggi sembrano suffragate da una recente analisi WARC, un servizio di marketing intelligence basato a Londra che ha rilevato che la Generazione Z è la più digitale fino ad oggi, dato che trascorre sui canali digitali il 67,7% del tempo dedicato a media ed enterteinment. E nonostante questo è responsabile di un calo dei social network pari allo 0,5 in quella fascia nel 2022.

La ricerca, dal titolo WARC Global Ad Trends: Finding Gen Z, ha di fatto tralasciato gli under 16, per manifesta assenza di budget (più o meno) e ha notato anche che dal 2018 i ragazzi dai 16 ai 24 anni hanno iniziato a consumare meno tv in streaming rispetto ai millennial. Ebbene, quel divario si sta allargando.

Il paradosso è quindi che le piattaforme hanno iniziato una battaglia di marketing generazionale (che non sta dando risultati) per accaparrarsi un’attenzione piuttosto scostante della Gen Z, che se proprio proprio ha qualche guizzo, lo regala a Tik Tok e BeReal.

La generazione Z non vuole i social, vuole una colonna sonora per la propria vita

Se ci si chiede allora perché c’è tutto questo consumo digitale tra i 16 e i 24 anni la risposta è una sola: le opportunità multimediali alternative ai media offline stanno vincendo. In primis lo streaming di musica e podcast, scelti sia per la musica che per una narrazione meno fugace dell’attualità. E questi nuovi ambienti mediatici sono spesso quelli con la proposta pubblicitaria meno sviluppata.

Dici musica e subito pensi a TikTok: quasi il 40% del target pubblicitario di TikTok ha tra i 18 e i 24 anni, e vale circa 500 milioni di euro (fonte: Kepios). Gli utenti della piattaforma cinese trascorrono lì sopra in media 95 minuti al giorno (fonte: Sensor Tower) e per i brand è la più florida riserva di caccia al giovane che esista al momento.

Ma se sui nuovi social qualche schema del passato può funzionare anche con la Gen Z, il tema per il 2023 è come sfruttare appieno lo streaming musicale l’ascolto di podcast. Perché soprattutto da noi, non ci si è ancora resi conto di un fatto eclatante: le persone di età compresa tra i 16 e i 24 anni consumano globalmente più contenuti audio al giorno rispetto a tutti i formati di video premium messi insieme.

E infatti il ritornello è sempre lo stesso: «Sì vabbé ma coi podcast non si guadagna».

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