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Si compra online e chiudono i negozi: il caso del capitale umano delle profumerie Douglas

27 Marzo 2021
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Uno, due, tre, quattro… centoventisette e centoventotto.

È il numero di negozi della catena di profumerie Douglas – proprietaria anche di Limoni e La Gardenia – che rischiano di chiudere sul territorio italiano. Ben 128 punti vendita dove, secondo quanto comunicato dai sindacati, lavorano 457 persone. Soprattutto donne. Già pronte, ancora una volta, a pagare sulla loro pelle la crisi economica. Pronte, loro malgrado, ad aumentare la distanza tra le “lei” e i “lui” con un’occupazione degna di quel nome.

Il caso è anche una delle conseguenze immediate della pandemia e del fatto che, con i negozi chiusi, il lockdown e i continui divieti sugli spostamenti da rispettare, i consumatori si sono trasferiti ancor di più sul web.

Chiudono 128 profumerie Douglas in Italia

La direzione della catena di profumerie tedesca ha già formalizzato ai sindacati l’elenco dei negozi dove “riorganizzeranno il lavoro”. Che è un po’ un eufemismo per dire che un sacco di gente dovrà trovarsi una valida alternativa per campare. Douglas – che già a febbraio 2021 aveva annunciato la chiusura di 17 punti vendita in Lombardia, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna, Lazio, Sicilia e Sardegna – ha nel frattempo disdetto anche i contratti di locazione della gran parte dei 128 store al centro dei tagli.

Una decisione che ha mandato subito in trincea i sindacati. Fisascat Cisl, Filcams Cgil, e Uiltucs contestano all’azienda l’assenza di un piano commerciale ufficiale e ricordano che il Governo Draghi ha prorogato il blocco dei licenziamenti. Nel frattempo, per cercare di mediare, i sindacalisti incontreranno i dirigenti di Douglas Italia per capire le loro intenzioni con il personale in bilico considerando “che grazie all’e-commerce il calo di fatturato è stato decisamente contenuto”, scrivono.

Su le vendite online ma chiudono i negozi, Douglas

Un punto, quest’ultimo, decisamente di rilievo. La conferma di un trend evidente nel commercio in generale. È decisamente cambiato il modo di fare shopping. Anche gli accessori, i profumi, i prodotti per il make-up e i trattamenti di bellezza si acquistano online.

Il lockdown imposto dalla pandemia ha spostato l’asticella ancora più in alto anche per quella tipologia di merci che di solito interessa direttamente sensi diversi da quello della vista: quindi fragranze, cosmetici e ogni elisir aromatizzante per i quali una volta anche solo pensare l’acquisto digitale era un tabù insuperabile.

La crisi è fisica, il caso delle profumerie Douglas

Un commercio online che cresce si traduce in nuove esigenze per le aziende, nuove opportunità lavorative per alcuni e crisi per altri. Sono le due facce della medaglia che in molte imprese sta diventando realtà. Un trend che aumenterà senza dubbio nel prossimo futuro, con i suoi pro e i suoi contro.

Nel caso delle profumerie Douglas la segretaria nazionale della Fisascat Cisl, Aurora Blanca, ha raccontato di aver «chiesto di sviluppare e illustrare un piano industriale di ampio respiro e serio che dia valore al capitale umano, che è il vero valore aggiunto a maggior ragione per un’azienda che offre prodotti e servizi per la cura della persona, postulato sulla salvaguardia occupazionale».

Proprio così. Decidere le sorti di un’azienda in questi giorni confusi e diversi dalla “normalità” pre covid, per chi deve far quadrare i conti, non è facile ma è fondamentale farlo tenendo a mente il punto chiave di ogni economia: il capitale umano.

Le persone restano la chiave e lo saranno anche in esperienze analoghe in futuro, shopping online o fisico che sia. Esseri pensanti come i clienti, ora esortati dai sindacati a continuare ad acquistare i prodotti di bellezza direttamente nei punti vendita, «in modo solidaristico» ma – vista la tendenza inesorabile del modo di comprare – quasi certamente insufficiente.

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