Gli anni novanta sono tornati! E con loro anche uno dei pezzi più simbolici di quel decennio: la tuta Kappa in acetato con felpazza e pantaloni griffati ai lati. Che ormai si metteva solo l’ultimo Gabber, Joris di Bollate, per scappare dalla pula con agilità. Promotrici di questa spaventosa iniziativa sono state le Kardashian, che hanno deciso di abbinare le famigerate tute a tacchi vertiginosi e corpetti in pizzo.
Choker, capelli con la riga in mezzo, giubbotti legati in vita e salopette in jeans. No, non è una puntata di Dawson’s Creek ma il 2017. Da un po’ di tempo infatti stiamo assistendo ad un risveglio degli stili e delle marche che hanno caratterizzato gli anni Novanta. What goes around, comes around. Questa nuova tendenza ha toccato un tasto dolente nel cuore di noi “nineties” e non ne siamo molto contenti. Ancora oggi guardiamo con imbarazzo le foto della nostra infanzia che ci ritraggono con maglioni extra large rossi abbinati a pantaloni extra large verdi, con i terrificanti pinocchietti abbinati a cerchietti e codini da psicopatico… o con la tuta Kappa. Infatti, siamo ancora traumatizzati da quello che è stato uno dei periodi più imbarazzanti della storia del fashion. E nonostante abbiamo cercato di eliminare tutti i vecchi vestiti con l’acido muriatico non è bastato.
Le sorelle Kardashian sono considerate dalla massa di “fashion addicted” come delle vere e proprie profetesse moderne e di conseguenza anche quello che esce dal loro vaso da notte diventa sacro. Questo culto ossessivo porta la maggior parte delle teenager ad imitare il loro stile e quindi non dobbiamo più stupirci se vediamo girare per la città ragazze con la tuta Kappa che prima era out anche per la lezione di educazione fisica. La tuta Kappa può anche esser diventata un must di stile, ma per me, che sono cresciuta negli anni ’90, rimarrà per sempre associata ai parchi della periferia, ai rave party Techno e ai Gabber in stazione.
Ebbene sì, i Gabber, quelli che voi, fighette di città evitavate come la peste sono stati i primi ad avere introdotto nel loro dress code ufficiale la tuta Kappa. Per chi non li ricordasse, ma la vedo dura in quanto se li vedi una volta non li scordi più, i Gabber erano caratterizzati da capelli rasati, vestiti sportivi, air max nere e cassa portatile con musica che spesso superava i 200 bpm, ed erano incredibilmente underground. Ma “The uncool, it’s cool” potreste rispondermi voi. Ma io vi dico che se il mio amico Joris di Bollate, uno dei pochi superstiti della cultura Gabber, non fosse troppo impegnato a calarsi l’ennesima pasta vi risponderebbe a suon di “Suck my dick Bitch! l’Hardcore è la mia vita, figa oh”. Perché per loro, la tuta, non era solo un capo di abbigliamento: era uno stile di vita. Comoda per ballare sotto cassa, per far casino e per fuggire dalla pula. Invece per voi ragazze pseudo Kardashian non è c’entra nemmeno la comodità dato che la indossate col tacco dodici.
Ormai non è più una questione di moda è una questione sociologica e culturale che ha reso difficile distinguere la teenager modaiola dal tossichello di periferia che da un giorno all’altro è diventato addirittura più stiloso di molti fashion blogger. Quindi se non dovete partecipare ad una gara sportiva o sballarvi ad una festa Techno evitate di mettere la tuta Kappa perché potreste provocare confusione nel cuore dei più sensibili. Oggi la moda è sempre più vittima del caos e persino i sandali col calzino sono accettati dalla società. Gli stilisti stanno pian piano perdendo voce in capitolo e le star di Instagram continuano a prendere il loro posto dettando le regole dello stile. E se mai una mattina Kim Kardashian dovesse uscire di casa con un parrucchino stile Ottocento non immagino cosa potrebbe succedere.
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