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SOS cattiveria social: quanto è difficile fermare il fenomeno!

19 Giugno 2023
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La cattiveria sui social è ormai all’ordine del giorno: le persone si sentono legittimate a dire la loro senza filtri, come se tali piattaforme fossero spugne pronte ad assorbire inermi l’odio gratuito nato dietro uno schermo. Perché sui social diamo il peggio di noi? E perché il fenomeno non si ferma? A subirne le conseguenze maggiori, ovviamente, sono i personaggi più esposti.

È successo a Lizzo, criticata e derisa per il suo peso dopo avere pubblicato una foto con il lato B in primo piano. Succede ogni giorno a Chiara Ferragni, sia che sia vestita, sia che sia più nuda e da pochi giorni è successo a Melissa Satta, tornata nel mirino dell’odio social dopo avere pubblicato un video tutorial make-up in cui si mostra completamente struccata.

La showgirl è stata derisa per il suo aspetto “no filter” ed è finita al centro di un vero e proprio odio mediatico impossibile da credere. Tra i commenti negativi spiccano quelli di moltissime donne, che non hanno perso un secondo per dire la loro: «Sembri un cavallo», «Molto mascolina e la pelle non è per niente bella», «Oddio che brutta! È diventata vecchia!», «Povero Berrettini…». «Quando ti svegli la mattina è come un film dell’orrore» e così via. Insomma, Satta struccata ha creato più share di Sanremo.

Non si tratta solo di donne (anche se sono sempre loro a subire gli attacchi maggiori): la cattiveria sui social colpisce tutti e tutte indistintamente. A farne le spese maggiori, ovviamente, sono i personaggi più esposti, ma ormai questo lo sappiamo molto bene. Lo si vede su Instagram, lo si vede su Facebook sotto gli articoli, ma lo si vede anche su TikTok dove, sebbene il pubblico sia più giovane, la cattiveria regna sovrana e non ha paura di dire la sua.

Se sei cattivo tu lo sai batti le mani: un fenomeno social difficile da placare

Che cosa spinge gli utenti social a perdere anche solo un minuto per scrivere una cattiveria gratuita? Perché sui social media diamo il peggio di noi? Gli schermi e la distanza sociale hanno un ruolo fondamentale all’interno del fenomeno: non avere la persona “criticabile” davanti automaticamente ci rende più forti (e dunque anche più coraggiosi) nell’esprimere quel parere che probabilmente di persona non esprimeremmo mai.

Stare dietro a uno schermo ci rende meno responsabili e tale deresponsabilizzazione diventa una bomba a orologeria. Non ci importa delle azioni e non ci importa delle conseguenze di queste: l’importante è esprimere il proprio pensiero e chissenefrega di come si sentirà la persona che leggerà.

L’idea dello schermo come filtro protettivo pare funzionare per la maggior parte delle persone e l’odio, in ogni sua più subdola forma, è diventato l’amico da chiamare quando ci si annoia.

Placare il fenomeno è piuttosto complesso, se non impossibile: la sensibilizzazione è importante e non si deve mai smettere di parlarne. Se a farlo, poi, sono le stesse persone colpite dalla cattiveria social, l’eco sarà maggiore (e nuovamente criticabile, ndr), ma è necessario. Troppo facile affermare: «Massì, lascia correre e vai avanti»: a che cosa serve l’indifferenza?

La cattiveria sui social non è colpa solo dei social e la distanza diventa alleata

Molto spesso tendiamo a incolpare i social media, a vedere in queste piattaforme un raccoglitore di odio e di menefreghismo totali. In parte tale visione è vera e sarebbe ipocrita affermare il contrario, ma molto spesso non è da attribuire loro l’intera “colpa”.

Sicuramente la lontananza fisica rende tutto più semplice e immediato, ma dall’altra parte tale lontananza viene meno quando si tratta di esprimere il proprio pensiero, il che, se ci pensiamo, è paradossale. Vi sognereste mai di andare da Melissa Satta in persona a dirle: «Povero Berrettini, sembri un cavallo»? Spoiler: No. Almeno, è quello che ci auguriamo.

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La distanza diventa non-distanza e crea possibilità che forse, di persona, sarebbero impossibili: i social ci offrono un contatto virtuale anche con persone di successo e più il commento è cattivo, più la probabilità che questa/o risponda è alta. Il giochino del “premiare” e del rendere virale un commento d’odio c’è e si vede.

Accanto all’abuso della tecnologia e delle piattaforme social, però, bisogna sempre considerare il lato umano: perché noi non ci sogneremmo mai di scrivere cattiverie sotto il post di qualcuno giusto per farlo e perché, invece, qualcuno lo fa sempre? È probabile che dietro questi atteggiamenti si nasconda una certa dose di malessere, il cui sfogo, con altissima probabilità, avverrà proprio sui social.

Normalizzare l’odio sui social (e nella vita, sia chiaro), è sbagliato, ma rimanerne indifferenti è altrettanto pericoloso.

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