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La forma dell’acqua, ovvero la forma della banalità

22 Febbraio 2018
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La forma dell’acqua è l’ultimo film di Guillermo Del Toro, candidato a un botto di premi e già vincitore del Leone d’oro come miglior film al Festival del Cinema di Venezia.

Il film non è altro che una banale storia d’amore tra una donna muta e un uomo rana con dei poteri particolari, giusto per lanciare il messaggio dell’amore tra due razze diverse e altre cose simili che si vedono tutti i giorni al cinema o nelle fiction Rai.

Ma come mai tutta la banalità di La forma dell’acqua ha convinto così tanto la critica?

Sicuramente non si vede tutti i giorni una donna muta come protagonista dei film (e per fortuna, perché i dialoghi tendono a risentirne), né una protagonista che si innamora di un uomo rospo. Quindi complimenti a Del Toro e al suo pusher.

Le immagini e gli effetti speciali sono sicuramente degni di nota (e ci mancherebbe, siamo nel 2018) tanto da far pensare, inizialmente, che non si tratti della solita storiella d’amore fiabesca.

Pure la colonna sonora è ottima, con canzoni anni 50 più o meno note. Non manca nemmeno una scena da musical Disney.

Un vero e proprio punto a favore di questa favoletta di miele è l’antagonista, interpretato dall’antagonista per eccellenza: Michael Shannon. Dovrebbe vincere il premio Oscar come miglior personaggio stronzo del 2017, ma purtroppo non esiste questo premio.

Ma quindi cosa non ci ha veramente convinto in The Shape of water?

LA TRAMA! Una volta che si è visto il trailer si sa già come va tutta la storia, nessun dettaglio in più e nessuno in meno.

I personaggi in fin dei conti non hanno una personalità ben caratterizzata (se non l’antagonista che rimane in mente). La protagonista è priva non solo di voce, ma anche di una personalità memorabile.

E, poi, tante belle moraline trite e ritrite: l’integrazione del diverso,  l’amore tra due persone fisicamente diverse ma caratterialmente uguali.

Per voi il buon Guillermo si merita davvero un premio per La forma dell’acqua?

 

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