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Le nuove generazioni (e non solo) hanno fame d’amore

11 Gennaio 2022
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Anoressia e non solo, parliamo di disturbi alimentari.

Quando ero bambina i disturbi alimentari erano quasi delle malattie rare. Se ne sapeva poco. Mio padre, farmacologo ed endocrinologo, aveva fatto degli studi sugli aspetti neuroendocrinologici dell’anoressia. Era stato uno dei primi. Era il 1981. Non c’erano terapie specifiche. Si andava dallo psicologo, generalmente di impostazione analitica o sistemica.

Famosa la teoria della psichiatra Palazzoli Selvini che attribuiva alla madre la colpa di tutto. Negli anni successivi si parlava sempre di più della necessità di creare centri multidisciplinari, modelli americani in cui tutto potesse funzionare, quasi con l’aspettativa magica che l’unione di più esperti potesse portare alla risoluzione sicura di un problema così complesso.

Bulimia, binge eating, ortoressia e tanti altri

Gli anni sono passati e ora ci sono diversi centri multidisciplinari. Non voglio scrivere di quanto e come funzionino i centri, né dei disturbi alimentari che nel frattempo sono diventati più numerosi, bulimia, binge eating, ortoressia e tanti altri, ma delle persone che ci sono dietro.

I pazienti che vedo spesso vengono dopo vari tentativi di cura, non solo da parte di psicologi di ogni genere e tipo, ma anche da psichiatri, internisti, nutrizionisti, manuali fai da te, terapie comportamentali, terapie analitiche, psicoterapie che non si sa cosa facessero. Quasi tutti sognano la bacchetta magica che li liberi dallo stimolo della fame.

Sempre di più arrivano pazienti con disturbi cronicizzati, lunghe terapie in cui non è stata neanche nominata la parola vomito oppure percorsi in cui si parla solo del cibo come fosse qualcosa di distaccato dalla persona. Arrivano con diagnosi preconfezionate, incartate con il cellophane, a cui è difficile avvicinarsi empatizzando, con la fatica del raccontarsi sempre a un terzo, come se non si sapesse chi si è, ma solo come ci hanno descritti.

È una fame d’amore

Si cercano dei modelli nel tentativo di semplificare, di avere un linguaggio condiviso, ma è un paradosso perché si tratta di personalità estremamente complesse. Sempre più si cercano ricette per curare i disturbi, ma la fame o “non” fame è una fame d’amore.

Solo riparando quella ferita si può guarire. Perché se ti insegnano a mangiare tutto quello che hai nel vassoio, ma dentro il dolore lentamente ti frantuma, quel sintomo si trasformerà in un altro dolore e poi magari ne dovrai mangiare quattro di quei vassoi per non sentirlo più.

Cos’è il disturbo alimentare?

Spesso vittime di, abusi, traumi che non necessariamente sono violenze manifeste, ma possono essere anni di maltrattamenti familiari consistenti nel calpestare ripetutamente la sensibilità molto spiccata dei soggetti in questione. Il disturbo alimentare è la esplicitazione di una vita di sofferenza del non essersi sentiti amati, del non darsi un valore, del sentirsi inferiori nella propria differenza.

È la relazione terapeutica con i suoi contenuti che aiutano a passare oltre. Un rapporto umano, non una tecnica precostituita. Una persona che ti restituisca la fiducia di cui avresti avuto bisogno nei primi anni di vita, quella fiducia che ci permette di sentirci e di esistere.


Irene Muller è una professionista che insieme alla collega Clara Giannarelli, grazie alla loro ventennale esperienza in consulenza psicologica e psicoterapia, hanno dato vita a Psicoterapeute all’estero, un servizio di supporto online (www.psicoterapeuteallestero.com), pensato proprio per tutti gli Expat italiani residenti all’estero o che si trovano spesso a viaggiare o a risiedere all’estero per lunghi periodi, per motivi di lavoro o di studio.

 

Foto: Rawpixel.com, Flickr

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