Playboy che chiude la sua pagina Facebook rappresenta il ressentiment nietzschiano dei 50enni
Grazie allo scandalo Cambridge Analytics, la pietra miliare del soft porn, Playboy, molla il rapporto diretto con i suoi 25 milioni di utenti su Facebook. E sembra un adolescente che non riesce a entrare in discoteca
Il fatto che Playboy fosse oggetto di censure da parte di Facebook è sempre stato qualcosa di inaccettabile un po’ per tutti. Del resto l’editore del giornale non era il solo a lamentarsi della policy quasi mormona del social network. L’obbligo morale di photoshoppare le tette rendendo prive di capezzoli donne bellissime (ma gli uomini no) è veramente aberrante. Ma a farne le spese sono state anche innocue sfilate, statue classiche e capolavori della pittura.
Quello che ci stupisce, però, è il poco nobile ressentiment con il quale Playboy ha annunciato la chiusura della propria Fanpage e l’adesione al movimento #deletefacebook. Il testo del comunicato recita: «Per anni è stato difficile per Playboy esprimere i propri valori su Facebook a causa della sua rigorosa politica sui contenuti “non appropriati“. Abbiamo dovuto snaturare la voce di Playboy per soddisfare le opinioni del social network su ciò che è o non è accettabile sulle sue pagine». Poi il dispaccio chiude con una doccia di ipocrisia: «Ma sono state le recenti notizie sulla gestione dei dati degli utenti da parte di Facebook che ci hanno spinto a sospendere la sua attività sulla fanpage. Ci sono più di 25 milioni di fan che interagiscono con Playboy tramite le nostre varie pagine di Facebook e non vogliamo essere complici nell’esporli all’uso dei loro dati sensibili».
Ammesso che basti chiudere un account per cancellare i dati acquisiti (e non basta) c’è questo istinto di vendetta che ricorda tanto quello che Friedrich Nietzsche esplicita in Al di là del bene e del male. Se hai perso gli artigli e non puoi vincere la guerra, la tua aggressività diventa ridicola i tuoi attacchi innocui o irrilevanti.
Ma la faccenda si colloca nella generale doglianza dei 50enni sulla rigidità del social a proposito di sesso e corpo femminile. Una lamentazione che a ben guardare è una roba da frignoni. Il pornazzo alla crudaiola non è mai mancato sul web, prima e dopo l’arrivo di Facebook. Anzi, l’offerta semmai è aumentata. Magari con meno qualità dell’immagine e troppo eros casalingo, con sempre meno celebrity seminude e sempre più sfondi squallidi e letti dell’Ikea.
Chi dà la linea agli over 50, chi ne subisce le lamentele sul mondo che cambia non dovrebbe lasciarli soli nei momenti difficili. Soprattutto se parliamo di un grande vecchio, maestro iniziatico del sesso a manovella per intere generazioni. Playboy rappresenta l’aristocrazia del libertini. È davvero sconfortante che mandi in giro comunicati piagnoni. È un po’ come quando non ti fanno entrare da qualche parte e allora tu fai la voce grossa e dici «Lei non sa chi sono io».
Caduta di stile, senza dubbio. Il vecchio fondatore Hugh Hefner avrebbe fatto un semplice dito medio. Peccato
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