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Pierfrancesco Favino e Bettino Craxi, spiegato ai millennial

9 Gennaio 2020
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Il vero valore aggiunto di Hammamet è Pierfrancesco Favino. Non tanto per l’imitazione di Craxi, ma perché è entrato nella sua testa.

Il manuale di conversazione di questi primi giorni dell’anno 2020 prevede che su Hammamet  non si dica mai “mi è piaciuto” o “mi ha fatto cagare”. Si deve dire “è un film intimista”. Così da evitare di svelarsi improvvisamente craxiani o viceversa, forcaioli.

E questa biopic, di Gianni Amelio con un Pierfrancesco Favino che che sembra proprio Bettino Craxi, era invece uno di quei film che dovevano servire. Alla generazione X per far pace con il proprio passato di contestazione di serie B e ai millennial per comprendere meglio ciò che succedeva quando andavano alle elementari.

Ma così non è: la rimozione di quel periodo è stata tale che basta chiedere a una sardina in che anni è vissuto Bettino Craxi per sentirsi rispondere “nel primo dopoguerra”.

Diciamoci la verità a nessuno in questo Paese piace esprimere posizioni politiche decise. A meno che non ci si trovi sui social, magari sotto copertura di uno pseudonimo. O in piazza, beneficiando del clima da sagra o del branco. E comunque meglio prendersela con bersagli facili, come “il dilagante fascismo” da una parte o la “invasione degli africani”, dall’altra.

Che cosa siamo diventati? Tribù rivali che si affrontano credendo ciecamente alle fake news di cui sopra senza alcuna prova provata. Frustrati di mezza età assetati di dare la colpa a qualcuno alla tastiera mostrandosi però pacati al bar. Gente che, siccome non sa con chi prendersela fa barricate virtuali contro tutti usando un linguaggio violento ma soprattutto vecchio.

In questo casino, in questa ottusità insopportabile, in questo humus di ipocrisia vomitevole, invece, merita un premio assoluto Piefrancesco Favino. Nonostante la sua prova sia tecnicamente impeccabile e neutrale sotto tutti i punti di vista, è il suo ragionamento, il suo pensiero sull’epoca che diventa tanto prezioso quanto inatteso.

«Una differenza tra i politici di oggi e quelli di allora sta nello spessore. Per quanti errori possano aver fatto, quei politici erano preparati, anche senza una laurea. Erano abituati a stare dentro a governi che dettavano l’agenda economica. Oggi è l’economia che detta le regole». A uno che sintetizza in modo così perfetto la situazione (a un talk show in tv) verrebbe da affidare una responsabilità politica vera.

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Che gli artisti vedano il mondo più chiaramente dei politici e dei professori universitari è una vecchia storia. Semplicistica ma anche piuttosto vera. Se ne parla dai tempi di Charlie Chaplin.

Non serve tirare in ballo grandi esempi, quanto piuttosto pensare che Pierfrancesco Favino abbia applicato al suo lavoro un’etica professionale. E siccome la sua professione è mettersi nei panni di qualcun altro, che sia buono o cattivo, di destra o di sinistra, immacolato o torbido, quel qualcun altro va studiato a fondo.

Una cosa di totale buon senso, a pensarci bene. Una pratica disciplinata che il commediografo Terenzio insegnava nella Roma pre-cristiana: «Homo sum, humani nihil a me alienum puto», ovvero, «sono un uomo e nulla di ciò che è umano mi è estraneo».

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Dunque a furia di guardare e riguardare i video d’archivio Pierfrancesco Favino ha studiato da Craxi. È entrato nell’uomo e l’ha perdonato in quanto tale. Cosa che nessuno riesce a fare nella vita di tutti i giorni.

Il millennial narcisista ha questa difficoltà incorporata, ma ancora riesce a riconoscere il valore dell’esperienza. Da oggi il consiglio è seguire Favino. È sicuramente un buon modo per imparare qualcosa.

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