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Per l’Istat i Millennial sono la generazione più disturbata dal capo durante il tempo libero. I Genzer sapranno dire Vaffa?

6 Ottobre 2020
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Il 29,4 per cento dei lavoratori italiani riceve chiamate dall’azienda durante il tempo libero. Indovinate a chi tocca di più? Ai millennial ovviamente… Sarà anche colpa del Covid, però cheppalle

via Truenumbers.it

Quanta autonomia hanno i lavoratori italiani nel decidere i contenuti e l’orario di lavoro? Vengono disturbati dal datore di lavoro o dai superiori durante il tempo libero?

Un’indagine dell’Istat prova a rispondere a queste domande con una rilevazione (tramite questionario) che ha coinvolto circa 63 mila famiglie intervistate e 121 mila individui. Di età maggiore di 15 anni residenti in 1.269 comuni distribuiti in tutte le province del territorio nazionale.

Le rilevazioni dell’Istat sull’organizzazione del lavoro

Cosa emerge? Oltre sette occupati su 10 (per un totale di 16,6 milioni di lavoratori) non hanno la possibilità di decidere l’orario di inizio o fine della propria giornata lavorativa.

Per i lavoratori dipendenti l’orario è definito dal datore di lavoro mentre i vincoli che incontrano i lavoratori autonomi sono riferiti alle esigenze dei clienti o dalle norme.

Il 16,4% degli occupati ha invece piena autonomia nella scelta e un ulteriore 12,0%, pur dichiarandosi autonomo, è soggetto ad alcune limitazioni.

Gli uomini, i lavoratori dai 50 anni in su e quelli con titolo di studio elevato – le categorie tradizionalmente più forti nel mercato del lavoro – hanno maggiori margini di flessibilità oraria.

Più spesso degli altri lavoratori possono decidere l’orario della giornata lavorativa e più facilmente possono accedere a permessi e a ferie, anche con breve preavviso.

Più costrittive sono invece le condizioni lavorative di stranieri, giovani, donne e delle persone con un basso titolo di studio.

Il confine tra vita privata e vita lavorativa

Tra vita lavorativa e vita privata esiste un confine, sia di tempo sia di spazio, che può essere più o meno permeabile. Nel modulo si chiede la frequenza con cui si viene contattati per questioni di lavoro durante il tempo libero. E il tipo di reazione attesa (se cioè il contatto prevede una reazione immediata o meno).

Sebbene la maggioranza degli occupati (il 54,0%) nei due mesi precedenti l’intervista non sia mai stato contattato durante il proprio tempo libero, il 29,4% è stato contattato una o due volte e il 16,6% anche più spesso.

Chi è stato contattato più frequentemente, nella metà dei casi deve assicurare una risposta prima della giornata lavorativa successiva.

Determinante, anche in questo caso, la variabile professionale: sono contattati nel tempo libero 7 datori di lavoro su 10 e meno di un terzo dei dipendenti a termine.

Chi viene chiamato nel tempo libero?

I “meno disturbati” durante il tempo libero sono gli stranieri, le persone meno istruite, i giovani, le donne (queste ultime nel 57,7% dei casi), con molta probabilità in ragione delle posizioni, più spesso marginali, che questi occupano nell’organizzazione del lavoro.

Quelli più esposti a questo tipo di interferenze sono le persone con titoli di studio elevati, i lavoratori della fascia di età 35-49 anni, gli uomini. Sebbene i contatti nel tempo libero non siano frequenti, le persone con bassa istruzione più frequentemente delle altre devono garantire una risposta. Immediata: il 57,0% di chi è stato contattato più di due volte contro il 50,1% calcolato sul totale.

Stessa pretesa verso i lavoratori del Mezzogiorno (56,0%), agli uomini e alle persone con 50 anni e oltre (rispettivamente il 54,0 e il 52,4%).

Infine, i giovani, e ancora di più le donne, sono quelli con minore probabilità di essere contattati e di dover assicurare prontamente una reazione (il 46,5 e il 42,7% rispettivamente).
(Fonte: truenumbers.it per Upday. Dati: Istat)

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