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I nonluoghi del covid: perché il lockdown paralizza la nostra storia

15 Gennaio 2021
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Resoconto dei nonluoghi del covid.

Senza spazio non c’è storia, il lockdown ci imprigiona, non ci consente di uscire e se non possiamo uscire non possiamo essere parte della storia. Tutte le storie sono fatte di spazi, di uscite, fisiche e metaforiche.

Cenerentola esce dalla casa dove è prigioniera ed inizia la favola romantica. Raperonzolo è bloccata nella sua torre e solo uscendo troverà la felicità dell’amore. Tom e Jerry si inseguono e danno vita a situazioni rocambolesche ma tutto questo può accadere solo perché il topolino esce dal suo nascondiglio.

Non si tratta di “uscire dalla zona di confort o qualche altro inglesismo creato da millennial che volevano uscire di casa e cercavano una scusa anglofona per farlo. Si tratta di uscire, punto.

Chi non esce è imprigionato, prigioniero quindi. I prigionieri, quelli veri, i criminali di guerra, non hanno storia, non hanno possibilità d’azione. L’unica storia è proprio quella che li porta ad uscire, da vivi o da morti dalle loro gabbie.

Questa riflessione nasce in questi giorni che seguono il Natale non per Caso. La Befana lo scorso anno aveva regalato a me e ai miei fratelli diverse caramelle e gomme da masticare. Le gomme sono ancora là, un anno dopo. Perché siamo abituati, almeno noi, a masticarle quando siamo fuori di casa “per rifarci l’alito”, uccidendo i cattivi odori, insieme a nostro corpo, con l’aspartame.

Le guerre, le grandi storie di violenza, nascono perché qualcuno esce dal proprio territorio e ne invade altro. Si parla spesso di violenza proprio quando si invade brutalmente lo spazio altrui, il suo corpo, il suo avere.

Il lockdown ha fermato i millennial

I millennial sono fermi da un anno, chiusi, immobilizzati e non possono uscire, se non escono non vivono la loro storia, non maturano come persone, come generazione, e questo è un dramma.

Lungi dall’accumunare la guerra al covid. In guerra è il contrario, si entra ed esce, siamo pieni di racconti di guerra, non lo saremo di racconti del covid. Sembra che la guerra possa generare azione, reazione, e in questo i futuristi mi darebbero ragione, santificandola, confrontata a un virus, anche se entrambi portatori di morte.

Il virus entra dentro, entra un tampone dentro di noi e non siamo liberi finché non siamo guariti. Non se ne va, non esce però, il nostro corpo lo sconfigge. Entra la siringa col vaccino per consentirci di uscire.

La nostra non storia durante il lockdown

Per quanto possiamo dire di aver fatto cose durante il lockdown, non abbiamo fatto nulla per la nostra storia. Le distanze, quelle di sicurezza ci hanno allontanato, contribuiscono a non creare storie. Le storie si creano con le connessioni, in principio fu il big bang, in principio fu il verbo, un collegamento.

Con la distanza non si creano storie. Siamo fatti di spazi e lo spazio intimo degli italiani è molto più stretto rispetto a quello di altri paesi, questo dà adito a molte incomprensioni. Quando siamo alla guida noi, ad esempio, noi italiani guidiamo più vicini alle altre auto, comparati ad altri paesi. Questo genera ovviamente più incidenti e tamponamenti, punti di contatto e nuove storie.

Mosè esce dall’Egitto col suo popolo, Gesù esce dagli schemi e creano la bibbia. Buddha trova il nirvana e così esce dalla ruota del karma. Poi ci siamo noi, comuni mortali, comuni millennial che diventano qui più sinonimi che mai.

Noi che non possiamo uscire dalla nostra casa e restiamo senza storia con le gomme da masticare nella tasca di un giubbetto che è da così tanto tempo appeso che sembra essere stato fatto per l’appendiabiti più che per il nostro corpo.

Millennial, se vogliamo una storia, una storia che non parli di covid, dobbiamo uscire. Clara trova la cura quando va in campagna da Heidi mentre Heidi chiusa in casa si ammala.

Siamo frequentatori disattenti dei nonluoghi, lunghi corridoi che ci intrappolano tra un luogo e l’altro ed il cammino assomiglia a un miglio verde che non si chiude con una sedia elettrica, al contrario prosegue in loop.

La vita o la si vive o la scrive disse qualcuno ma ho sempre dimenticato di scrivere il suo nome.

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